martedì 29 maggio 2007

Attenzioni


"Si può sempre preparare una cena per se stessi, ma non è la stessa cosa che avere qualcuno che cucina per te. Una cena preparata per te è uno dei colpi più pesanti che si possano infliggere all’angoscia. E' come per i fiori; puoi sempre comprarteli, ma non avranno lo stesso profumo fragrante dei fiori che qualcun altro ha preso per te."

Tibor Fischer "Viaggio al termine di una stanza"

lunedì 28 maggio 2007

Mutazioni climatiche


Lo scioglimento dei ghiacciai fa strani scherzi? Ci piove in testa di botto tutta l'acqua che non è venuta giù quest'inverno? Gli orsi non sono andati in letargo, e adesso sono magri e assatanati? La grandine ha sfondato l'uliveta, spiaccicato le fragole e annichilito le rose? No problem. Noi marmotte avvedute avevamo stoccato in tana uno stinchetto di maiale per i momenti duri dell'inverno, che invece viene buono per i momenti duri della primavera.
Anzi: confesso che guardavo con una certa apprensione all'idea di uno stinco in umido con polenta a Ferragosto. Anche se non sarebbe stata la prima volta.

(Si sa, si parla del tempo per non parlare delle altre cose. E non ne voglio parlare, sono troppo brutte).

sabato 26 maggio 2007

Zuppetella


La contrattazione per conseguire 3 etti di talli (o tenerume, come lo chiamano qua) al mercato è stata dura, e ha lasciato entrambe le parti insoddisfatte: io perché ne ho avuti 600 grammi (il doppio di quello che mi serviva), e il cingalese perché me ne ha venduti la metà di quella che riteneva essere la dose minima consentita (un chilo, signò).
Come ogni anno, l'acquisto dei talli mi porta attimi di celebrità al mercato: i milanesi non hanno la minima idea di come mangiare questo fogliame peloso e avviluppato, e quando vedono che lo compro mi obbligano regolarmente a una lezione di Zuppetella sulla pubblica via. I banchisti campani si commuovono e applaudono, a volte fioccano anche proposte di matrimonio. Una di queste volte accetto e mi sistemo, sarebbe anche ora.

Credo però che ci sia un copyright sulla mia cena, per cui non oso pubblicare la ricetta.
Se Noyra legge, mi autorizzi esplicitamente (il silenzio assenso, su queste faccende delicate, non basta).


Ok, allora la Zuppetella di Noyra (versione semibrodosa) l'ho fatta così:
talli (altrimenti detti tenerume)
cipollotto fresco bianco
zucchine neonate con fiore
patate novelle
basilico
eventuale crosta di formaggio giurassica

Ho mondato il vegetale togliendo tutti i piroli (queli cosi a cavatappi con cui la pianta si ancora per arrampicarsi), scartando le foglie più grosse e tentando di conservare i gambi, dopo aver sbucciato via la parte fibrosa. Ovviamente va a finire che li butto, è davvero un lavoro seccante. Ho tritato una cipollina bianca fresca, l'ho brevemente soffritta senza farla colorire in una pignatta, ho fatto a dadini le patate (questa volta erano belle patanelle novelle mini, quindi ho lasciato la buccia e le ho tagliate a quarti). Ho separato i fiori di zucchina li ho puliti e ho fatto a rondelle le zucchine.
Ho aggiunto al soffrittino prime le patate, poi dopo qualche minuto le zucchine, e ho fatto stufare per un quarto d'ora. Poi ho aggiunto i talli, e dopo 10 minuti di cottura anche i fiori. Ho aggiunto un po' d'acqua (mica tanta, a me piace a metà strada tra l'asciutto e il brodoso), sale e ho fatto andare fino quando le patate erano cotte.
Se avete la crosta di formaggio, la pulite, la fate a pezzetti e la aggiungete dopo la verdura. Ci sta da dio. Se avete del pane biscottato, va bene anche quello in fondo alla scodella. Ma a me piace di più senza.

Come dice la Armida, che ne fa una versione sicula, è un cibo che consola: è verissimo. Ti rimette al mondo.

giovedì 24 maggio 2007

Reminiscenze


Un po' il caldone, un po' tutto il resto, stasera desidero solo un petto di pollo alla griglia.
Così rispolvero una insalata estiva che avevo concepito per mio menù nazidietetico dell'anno scorso, e mi piaceva: petto di pollo grigliato, zucchine a fette spesse grigliate, fettine sottilissime di limone, spinaci baby. Condimento: limone, sale, poco olio, curry Madras mild. Però ci sparo sopra un po' di Trebbiano, per inaugurare il mio lussuoso refrigeratore di bottiglie.

mercoledì 23 maggio 2007

Avanzini

Che ci faccio con un pugno di fave fresche e qualche asparago?
Le fave le ho spellate, le ho frullate con un pezzetto di feta, aglio, qualche mandorla pelata, menta, olio. Le punte di asparagi le ho sbollentate e aggiunte al momento di condire.
Buono! Perfettibile, ma buono!

martedì 22 maggio 2007

Sisters


Quando le Sisters si muovono, fanno sul serio. Marciano in missione all'alba, con supremo sprezzo del pericolo, in esclusivissimi golf club per rubare le fragoline di bosco, e non le fermano recinzioni né rovi. Stratificano terrine e poi le sottraggono spietatamente alle boccucce fameliche di infanti e compagni. Saccheggiano salumifici e procacciano rarità esotiche, interrogano vinai con lusinghe e se serve anche minacce. Convergono da ogni angolo della pianura con zaini, panieri, involti e borse termiche.
Brindano con vini in tinta con i vestiti. O si vestono in tinta coi vini? Non mi stupirebbe.

Ripartono lasciando pacchettini di piacevolezze nascosti dappertutto, dispensatori di buonumore a scoppio ritardato.

domenica 20 maggio 2007

Sado o Maso?


Le mie amiche, ho scoperto, se ne intendono di fruste, e mi hanno regalato questo modellino davvero perverso. E dire che a vederle sembrano così delle ragazze così ammodo...
Con questa, la panna si monta da sola (per la paura).

mercoledì 16 maggio 2007

Gioielli


Vorrei che si ammirasse in tutto il suo splendore il mio primo regalo di compleanno: tenendo in debito conto il fatto che viene fino da Napoli; che è stato confezionato sacchettino per sacchettino, cristallo per cristallo da un maschio (!) adulto, mancino e non particolarmente versato nei lavori manuali (nella mia cucina era addetto alla pulizia del prezzemolo, un modo per evitare che facesse danni per circa 90 minuti); che i sali in questione, oltre ad essere pregiatissimi non sono stati acquistati - poiché non erano in vendita, ma ottenuti mediante favori, promesse e intercessioni (non voglio sapere quali).
Insomma, io mi commuovo, che altro posso fare?

Per superare i sentimentalismi da strapazzo, non mi resta che laccarmi le unghie dei piedi con un rosso sanguinario, inserirli nei sandaletti fiammanti e andare a cena (vabbè, con mia madre, non si può avere tutto) in un ottimo ristorante greco.

martedì 15 maggio 2007

'a Caprese


Si avvicina il dannato compleanno, e questa volta NON farò la Caprese, perché mi hanno promesso la Torta delle Fate del Bosco (che trovo entusiasmante e appropriatissima per l'occasione, qualunque cosa sia).
Però non posso esimermi dal rendere omaggio.
La povera Caprese, oltre ad essere una delle torte che più amo, è anche una delle più bistrattate. Sento spesso di lievito, farina, fecola, vanilline, limoncelli e chi più ne ha più ne metta. Questa è la ricetta più semplice e referenziata, frutto di un annoso e piacevole lavoro di messa a punto sulla base del motto di Coco Chanel, che, a proposito dell'eleganza consigliava: "Togliere, togliere, togliere! ".
La torta deve venire bassa e restare un po' umida all'interno. Se volete proprio ammazzarvi, accompagnatela da qualche cucchiaio di panna fresca leggermente sbattuta (non proprio liquida, non proprio montata).

per una tortiera da 22 cm:
150 gr mandorle pelate
150 gr cioccolato fondente al 75%
100 gr burro (riducibili a 80)
4 uova (3 tuorli + 4 albumi)
100 gr zucchero (se il cioccolato è molto amaro, se no anche 80)

Tritare le mandorle nel mixer, lavorare zucchero e tuorli, aggiungere il liquore (non previsto nella ricetta classica) e poi il cioccolato sciolto a bagnomaria o nel micro insieme al burro. Mescolare con la farina di mandorle.
Montare le chiare a neve e aggiungere delicatamente all'impasto.
Tortiera imburrata e infarinata, forno 160° per 50 minuti circa (circa!).
Raffreddare sulla gratella e spolverare di zucchero a velo.
N.B. (i 160° sono veri, misurati con il termometro da forno, non quelli dichiarati dalla manopola ufficiale che raramente è giusta).

(Sorry, la foto è penosa, però è un caro ricordo).

lunedì 14 maggio 2007

Dicevamo: felicità.

E la felicità, lo sanno tutti, abita in Grecia.



Lo zio Saltiel si era svegliato di buon'ora. Alla finestra della piccionaia che ormai da tanti anni gli serviva da abitazione e che era posata di sghimbescio sul tetto della fabbrica abbandonata, il vecchietto si spazzolava meticolosamente la redingote nocciola e cantava a squarciagola che l'Eterno era la sua forza e la sua torre e la sua forza e la sua torre. Di tanto in tanto si fermava per aspirare gli aromi che il vento marzolino spandeva sull'isola di Cefalonia.
(...)

Sul tetto, davanti alla finestra, c'era la sua colazione. Tre piatti. Un'oliva, una cipolla, un cubetto di formaggio. Prese delicatamente l'oliva e la mangiò con una crosta di pane raffermo. Fischiettò l'inno nazionale francese poi innaffiò il formaggio con qualche goccia d'olio e lo assaporò proteggendosi la redingote con la mano sinistra e approvando a occhi chiusi la squisitezza dell'aroma. Sul piatto della cipolla si posò una mosca. Lo zio Saltiel gettò il bulbo contaminato nella strada deserta, pronunciò la benedizione dei liquidi e bevve con affabilità e soddisfazione.


Albert Cohen "Solal"



domenica 13 maggio 2007

riso Venere

Stasera riso venere con mazzancolle, asparagi, fave e piselli freschi. Niente cupoletta. Troppo stanca. Non era neanche male, a parte che non c'è carne dentro (non venitemi a dire che i gamberiformi sono carne). Però mi ha dato il pretesto per una bottiglia di vino bianco.
Dopo, mi sentivo insoddisfatta e mi sono messa nel piatto un cubetto di feta con olio squisitissimo e origano. Il che mi ha ricordato l'incipit di un libro, il quale (incipit) riassume e rappresenta per me una delle forme elementari, complete e soddisfacenti di felicità. Appena esco da quest'incubo ve lo faccio leggere. Chissà com'è bella Paxos in questa stagione.

(La gatta ha mangiato da sola. Lo so, non è una notizia da prima pagina, ma qua da me sì).

sabato 12 maggio 2007

Lapin (dedicated to Snoopy)

Questa è LA ricetta del coniglio attualmente in auge chez Esmeralda. Sta in un libro di cucina casalinga che apprezzo molto e che frequento spesso, ma l'ho scoperta solo ultimamente e fatta mia con piccolissime modifiche. Vogliate gradire.

A margine: vedete la cupoletta di riso? Non è là a caso. Non è un patetico tentativo di fare bella figura. Vuol dire che quando si è nei momentacci si può reagire in diversi modi. Il mio è curarmi pervicacemente di me stessa, nei dettagli. Quelli inutili, quelli che "ma chi te lo fa fare che sei stravolta". Ecco, recuperare quei due grammi di voglia per fare la cupoletta di riso ribadisce che ci sono, ci tengo, la vita è bella e piena di piaceri nonostante i dispiaceri, etc etc.
Etc.

  • un coniglio a pezzi da circa 1 kg
  • 1 bicchiere di vino bianco secco
  • 1 tazza di brodo delicato
  • 3 cucchiai di olio extravergine
  • 1 limone non trattato
  • 1 mazzetto di prezzemolo
  • 4 spicchi d'aglio
  • farina

Infarinare leggermente i pezzi di coniglio.
Preparare un trito finissimo di prezzemolo, e spremere l'aglio con l'apposito attrezzo.
Scaldare l'olio in un tegame largo e far rosolare dolcemente i pezzi di coniglio per una mezz'ora, aggiungendo poco brodo per volta in modo che la carne non si attacchi.
Quando la rosolatura sarà completa bagnare con tutto il vino, salare, pepare e aggiungere il trito di aglio e prezzemolo.
Spremere il limone e prelevare qualche striscia di buccia e tritarla finissima.
Cuocere coperto ancora una mezz'oretta, girando la carne ogni tanto.
Quando è cotto aggiungere il succo del limone e la buccia, riscaldare ancora qualche minuto.
Deve risultare una salsa abbondante e non troppo spessa.
Servire con riso bianco lessato (come vi pare, io uso il basmati e lo cuocio ad assorbimento o in tortino) o un contorno di patatine novelle al vapore e carciofi in umido; ma anche il puré ci sta bene.

venerdì 11 maggio 2007

bs


Per un po' sarò occupata a imboccare un gatto malato (non ditelo a Snoopy).

martedì 8 maggio 2007

Firenze News

Per oggi, vi basti sapere che a Firenze ho mangiato le Ficattole. La foto non ce l'ho perché mi sono distratta e le ho finite. Come turista, faccio schifo.

domenica 6 maggio 2007

Pig Chips?

Nell'ambito della prestigiosa manifestazione TUTTOFOOD, alla fiera di Milano, Nemo Next Food presenta una serie di cosette. Non ho capito se devo proccuparmi o giubilare, o cosa.

P.S. ma non li avevano già inventati, i ciccioli?
Food Innovation
"Happy pig: per la prima volta il salume diventa chips. Attraverso un processo di disidratazione che mantiene inalterate tutte le proprietà organolettiche di prosciutto, salame o coppa, trasforma i salumi in croccanti snack, rendendo più semplice e pratica la degustazione ed eliminando i vincoli di conservazione del consumo fresco."



sabato 5 maggio 2007

Momentacci

Che ci crediate o no, tra poco in tavola c'è pizza surgelata, scongelata nel microonde.

venerdì 4 maggio 2007

Contrordine!


Melanzane, peperoni, pomodori? Tzatziki? Gazpacho? Macché.
Giusto il tempo di fare la bocca al menu estivo, e invece si sono aperte le cateratte del cielo e la temperatura è di nuovo da minestra.
Uffa.
Si ripiega rapidamente su zuppetta verde di asparagi, zucchine, fagiolini, patata, orzo e prezzemolo, e a cuccia sotto la copertina. Speriamo che sia l'ultima.

(Mai provato a fotografare una zuppa mentre bolle? Per non annebbiare totalmente l'obbiettivo, bisogna spolmonarsi a soffiare e poi gira la testa come dopo aver gonfiato un intero materassino. E quelli sniffano colla, tsk)

giovedì 3 maggio 2007

Ancora riso




Direi che siete pronti per un altro po' di Aldo Buzzi (categoria lettteraria: Manna).
Niente di trascendentale, qua sembra uno scrittore normale. Ma per poter apprezzare il suo spirito superiore, bisognerebbe leggere tutto il capitolo (che comincia da lontano). Anzi: tutto il libro.

Ma dato che da qualche giorno si parla di riso, restiamo in tema:

Tornato sul Continente mi venne voglia di un piatto di riso in bianco come lo mangiavo da bambino a Firenze, nella villa Torriccia della cara zia Anna. Al cancello della villa c'era la casa dei portieri, che mi chiamavano "signorino", e in fondo al giardino un'altra costruzione, una specie di rustico che era il garage con sopra l'abitazione dell'autista, più tardi, in tempi meno facili, affittata a un pittore. La cuoca era di Greve, il paese del Chianti, e si chiamava Assunta. Era analfabeta, cosa allora abbastanza comune, una delle tante persone che vivevano tutta la vita senza leggere un rigo, ma per la cucina toscana, anche se non poteva consultare l'Artusi, era bravissima. A tavola eravamo sempre in tanti, come a Spartà, così il riso arrivava in un immenso piatto di portata che l'Assunta reggeva a fatica. Lo zio, a capotavola, era il primo a essere servito. Era il padrone. Assaggiava un boccone e dava il suo assenso all'Assunta, autorizzandola a servire gli altri.
Quando arrivava in tavola il pollo, dopo l'assaggio lo zio diceva, quasi costretto a ciò dal pollo stesso che per il suo sacrificio sembrava esigere una parola di riconoscente apprezzamento: «Il pollo è sempre pollo».


Il riso non era né un piatto toscano né un piatto complicato: riso in bianco, coi chicchi grossi, molto cotto ma non stracotto e condito con moltissimo burro e parmigiano. Era bianchissimo con qualche riflesso celeste, e buonissimo. Forse era merito del riso. Forse del burro e del parmigiano. Forse c'era un segreto dell'Assunta. Ho provato diverse volte a rifarlo ma come quello non mi è mai riuscito.

Un'altra caratteristica di quel riso è questa: tutti quelli che sedevano allegramente a tavola davanti al loro piatto di riso (Alessandro, Alex, il figlio minore degli zii - magro e con un grande pomo di Adamo, tratti caratteristici del forte mangiatore - ne prendeva una porzione enorme) sono, meno chi scrive, tutti morti, «se ne sono tutti andati» avrebbe detto Basilio Puoti. Anche l'Assunta cuoca, finita a Sesto San Giovanni, un posto senza colline, senza vigne, senza ulivi, senza cipressi, senza allori. E anche la bella villa Torriccia, demolita per costruire sul posto dei condomini.


Dice Eraclito l'Oscuro: «La stessa cosa sono il vivo e il morto, il desto e il dormente».


Aldo Buzzi
"Viaggio in terra delle mosche e altri viaggi"

Scheiwiller, 1987

martedì 1 maggio 2007

mangiare basic

Quando sono proprio giù, ma tanto giù, divento sommamente capricciosa in fatto di cena.
Ho fame, ma non voglia di cucinare. Ho fame, ma non voglia di pensarci. E non sono disposta ad accettare cibo solo per nutrirmi. Di cosa ho voglia?
Se il livello di scazzo è limitato alla noia e alla stanchezza, si va di cose esotiche, o esperimenti. Se la faccenda si configura come tristezza vera e propria, la voglia chiama verso i mangiari dell'infanzia.
Se la cosa si fa spessa, non resta che andare sempre più sugli alimenti di base. Più lo spirito sprofonda, più ho bisogno di cose semplici ed eccelse. Se fosse accessibile, vorrei la manna. La manna del Cielo, alimento e non cucina; alimento per nutrire e placare e consolare e soddisfare.
E' il caso di stasera. Oggi è il sesto anniversario della scomparsa del mio migliore amico. Ho lavorato tutto il giorno, mentre l'umanità intera stava col culo nell'erbetta a fare pic-nic (per inciso: adoro i pic-nic). L'ispezione del freezer non ha rivelato ispirazioni epocali.
Ma, grazie a un amico attento ed affettuoso, che sa del mio bisogno di riso come si deve, avevo in dispensa il Riso Gange, che alla manna somiglia parecchio.
Così, ho cenato con scaloppine limone e prezzemolo (categoria "cibi dell'infanzia"), e riso lessato (categoria "manna").
Ma non pensate al solito riso: questo è una cosa che quando lo scoli, senti un profumo che ti leva la voglia anche di condirlo. Va bene così, non ha bisogno di niente.

Stasera ho scoperto che 22 persone hanno letto i miei vaniloqui. Praticamente, una folla. Ma io voglio sapere cosa mangiate voi! Se no, che senso ha?