venerdì 29 giugno 2007

Come superare i momenti difficili


Da tempo vado meditando una specie di decalogo, che metta insieme quello che mi ha insegnato - o meglio: dimostrato - mia madre in materia. Mia madre è una che di momenti difficili se ne intende, vi assicuro.
Io sono una dilettante, ma nel mio piccolo ne sto passando una discreta serie.
Una delle regole è: una buona cena è un grosso aiuto per tirar fuori la testa dalla melma. Anche se non hai fame, anche se l'idea del cibo ti appare meno desiderabile di Rosy Bindi in vestaglia, anche se non vuoi dimenticarti a nessun costo che stai male (a volte siamo molto affezionati al nostro star male), anche se preferiresti farti camminare addosso da un nugolo di processionarie piuttosto che affrontare la masticazione: non solo mangiare è necessario, ma è proprio terapeutico. Unica condizione: che sia qualcosa di lussuoso, o di piccante, o di stravagante, o di laborioso. Che sia cibo per godere, non per nutrirsi. Non vale la minestrina.
L'altra regola riguarda il ridere, anche a costo di farsi fare il solletico, ma ne parliamo un 'altra volta.
Stasera il massimo che sono riuscita a fare, ma l'ho fatto diligentemente, sono spiedini di vitello e pancetta fresca marinati nell'harissa*, con una salsa di peperone rosso che promette benissimo. Tra cinque minuti vanno sulla graticola, e me li godrò, oh! se me li godrò.
Come al solito vi tratto esteticamente male, ma gli spiedini vanno mangiati caldissimi.

* Niente di che. Marinare i bocconcini di vitello nell'harissa (che vi ho già spiegato) e un goccio d'olio per un paio d'ore. Fare appassire mezza cipolla in un cucchiaio d'olio, aggiungere il peperone rosso mondato e affettato e un peperoncino fresco a pezzetti, salare leggermente e cuocere circa mezz'ora. Frullare.

lunedì 25 giugno 2007

Contenitore e contenuto


50 gr bulghur
1 cipollina fresca
2 pomodori ramati
un ciuffo di menta
1 ciuffo di prezzemolo
1 limone
olio, sale

Sciacquare il bulghur e metterlo a bagno in acqua fredda per 20 minuti. Scolarlo bene, metterlo in una terrina e condirlo con il succo di mezzo limone.
Togliere i semi ai pomodori e farli a dadini piccoli. Affettare la cipollina, tritare grossolanamente abbondante menta e prezzemolo.
Quando il bulghur si sarà completamente ammorbidito e avrà assorbito il succo di limone, aggiungere gli altri ingredienti, salare e condire con un filo d'olio.

Per la ciotola:
Prendere una palla di argilla, centrarla sul piatto del tornio... insomma, avete presente Ghost? Ecco. Vabbè. Con le dovute differenze. Ma insomma, comincio a produrre da me anche il vasellame. Ne sono orgogliosissima, e mi piace un sacco mangiarci dentro.

sabato 23 giugno 2007

Panzanella Senza

Noia. Noia profonda, abissale, definitiva, irriducibile. Forse, anzi, non è neanche noia: è accidia pura. Ciondolo in giro per casa, iniziando e non finendo lavoretti domestici pretestuosi e facendo danni. Ogni tanto, come Pisolo, mi abbatto sulla prima superficie imbottita e piana e schiaccio un sonnellino.
Ci vorrebbe proprio qualcuno che venisse a cena, per darmi modo di attivare qualche risorsa non dico creativa, ma almeno operativa. Per fare due risate, mettere giù una tavola carina, un po' di conversazione. Ma non c'è.
Così mi faccio una panzanella (è estate! maledizione! il tempo dei piaceri! della gioia! della felicità! poi passa! ricordarselo!). Una panzanella classica fiorentina, senza varianti, troiai, aggiunte, nobilitazioni. Senza peperoni, senza carote, senza sedano, senza tonno, capperi, olive, mozzarelle e quant'altro vado sentendo in giro. Solo pane toscano raffermo, pomodoro, cetriolo, cipolla, basilico, aceto, olio, sale e pepe.

Sto leggendo un libro su Bernard Loiseau, il cuoco che si è sparato qualche anno fa perché gli avevano tolto una delle tre stelle Michelin. Riflessione: davvero, a me piace proprio la cucina di casa. Non me ne frega niente dell'alta cucina. Mi girano le balle quasi subito quando si comincia a fare gli intellettuali a tavola. Eppure è strano: sono consapevolissima che la testa c'entra, nel mangiare, eccome se c'entra! E allora com'è? Per adesso, mi limito a rendermi conto che parlare di mangiare per me è una faccenda di testa e di cultura (e forse anche un tantino di perversione), mentre fare da mangiare e consumare il cibo, rispettivamente una questione di amore e di pancia.
Che donna banale, sono, alla fine. Tutta casa e panzanella.

giovedì 21 giugno 2007

Cena per il Grande Caldo


Il mezzo chilo di burro che ho chiarificato serve per attuare il piano criminoso di stasera, concepito e realizzato con l'aiuto di un complice fidato, che prevede cotolette alla milanese, accompagnate da patatine al forno e precedute da una bella frittata di maccheroni. Il tutto rifinito da gelato di crema cruda, a cura dell'ospite.
Un menu classico, leggero e digeribile, adattissimo agli attuali 30° .
Le cotolette le farò come le faceva mia zia, alte e con l'osso. Uno dei cibi legati indissolubilmente alla felicità di certi rientri da scuola, quando il mondo era radioso, il pomeriggio eterno e la bici rossa un fido destriero. I tempi delle merende di pane, burro e sale, delle michette imbottite di salame, del senso di immunità ancora intatto.
Ognuno ha le sue madeleines.

mercoledì 20 giugno 2007

Mesticheria


Una delle cose che mi piacciono più di Firenze sono le mesticherie.
In qualunque momento, si sa, uno può aver bisogno di reperire alcuni articoli di prima necessità, e al fiorentino piace avere sotto casa un posto dove trovare a colpo sicuro pentole di coccio, caccciaviti, setacci per la farina, televisioni, reti metalliche, brugole, gabbiette per i grilli, aggeggi per imbottigliare, barattoli, colle, sgabelli, scope di saggina e non, innaffiatoi, assi da stiro, terraglie, bottiglie col tappo a molla, scalette, moschirole, antiruggine, mortai, palette scacciamosche e manine grattaschiena, vasi da fiori, tazze di latta smaltata, teiere, bollitori, colapasta formato mensa, roncole, cestini, computer, sottopentola, pattine, naili (plurale di nailon), candele, guinzagli, portachiavi, stampini per dolci, pennelli, alari per camino, sgabellini pieghevoli, zanzariere, batticarne, metri a nastro, tagliauova, cazzuole, grattugine per noce moscata, lumi a petrolio, petrolio per lumi, spruzzatori, schiumarole, aspirapolvere, cardamaterassi.
Credo che ci sia qualcosa come una mesticheria ogni 100 abitanti.
Vi parlo delle mesticherie perché esercitano su di me una attrazione irresistibile. Parlano alla mia anima artigiana e a quella affetta da sindrome di Robinson Crusoe; alla massaia che è in me e al carpentiere che la ama; confortano il mio spirito stanco di globalizzazioni svedesi.
Nella mia cucina esistono, a guardare bene, svariati articoli tipici da mesticheria. Tutti amatissimi, e usatissimi.
Stasera ne ho ritrovato uno che giaceva nell'oblìo da molto tempo: il Tubo Delizia.

Il Tubo Delizia viene da uno dei pochi ferramenta ancora vagamente in spirito di mesticheria, che sta in corso Buenos Aires a Milano e sfoggia ancora una storica insegna Remington, rossa fiammante. E come si fa a non comprarlo, con un nome così? Serve a fare i polpettoni a bagnomaria. E' il sostituto tecnologico del tovagliolo arrotolato stretto e immerso nell'acqua.
Si fodera il tubo di carta oleata, si pigia il composto nel tubo e lo si mette a cuocere in piedi in una pentola. Si lascia freddare nel tubo, e poi si taglia a fette, che vengono belle rotonde. Mia mamma anni fa ci aveva fatto un polpettone di verdure al curry, una volta, tanto buono che me lo ricordo ancora. Ma chi se lo ricorda cosa c'era dentro...
Io ci ho fatto questo polpettone di tonno e patate, con capperi e pomodori secchi a pezzettini. Se è buono, poi vi dico.
Buona cena anche a voi.

martedì 19 giugno 2007

Coniglio "unciòvogliadidarmidafare"

Nella smania di cucinare, qualche volta dimentico che in fondo basta prendere dei pezzi di animale, metterci intorno delle patatine e infilare tutto in forno, per mangiare più che decorosamente. Ieri sera ho infornato questo coniglio qua, con un guazzabuglio di spezie che per caso si è rivelato azzeccato: finocchio, rosmarino, salvia, peperoncino e un po' di paprika per farlo arrossire.
Ovviamente l'idea di lasciare degli avanzi per stasera era solo un'idea.

sabato 16 giugno 2007

Home, at last!


Mi appresto a festeggiare il ritorno alla tana con una lussuosa, ricca, appagante, oserei dire imperiale pasta alla Norma. L'apoteosi del vermicello, il tripudio dello spaghetto, l'appagamento massimo ottenibile con una melanzana, della salsa di pomodoro (la MIA salsa di pomodoro, ovvero la Supersalsa di Pomodoro Basic) e poco altro. Poiché in occasione del mio personale e solitario festeggiamento non ho la minima intenzione di mangiare freddo per giocare alla piccola fotografa, vi accontenterete gentilmente di una foto preliminare. Intanto io vado a comprare la ricotta salata dal ladro qua sotto (l'unico negozio del quartiere aperto a Natale, Capodanno Ferragosto e alle dieci di sera. Dice di essere siculo, ma io lo so: è calabrese. Adotta da sempre il sistema del prezzo unico: uno entrava e comprava, che so, un fiordilatte, sei limoni e mezza pagnotta? quindicimila. Una bufala, un etto di filetto di maiale piccante, due arancini? quindicimila. Con il passaggio all'euro non si è scomposto minimamente: quindici euro. Però ha dei limoni buonissimi, le arance di Catona, delle mandorle mai viste e sua moglie, schiavizzata nell'appartamento soprastante, cala giù degli arancini favolosi a ore improbabili).

Recentemente ho sentito di un demente che vaneggiava di aggiungere una bustina di tè alla menta alla salsa della Norma; non mi sono degnata di rispondergli.
Perché, perché c'è sempre qualcuno che vuol fare l'originalone su questi capolavori, perfetti così come sono?

giovedì 14 giugno 2007

La soledad del manager -3

Alle 22.30, finito con il lavoro, mi merito una cena all'altezza dello sforzo compiuto.
Antipasto: patatine posse. Piatto unico: tonno, crackers, maionese residua del MacDonald's. Per finire, una composizione di formaggi da intenditori: provolone di plastica e Alpino. Un terzo di birra aperta martedì. Dessert: una barretta light ai fruttti di bosco, che porto in borsa da circa tre mesi, come le mentine di Pig Pen. Ma la tengo per dopo, adesso mi sento satolla.
Domani si torna a casa. Non vedo l'ora di gustare il panino Fattoria delle FS, che avrò per pranzo verso le 16.
Questa sì che è vita.

martedì 12 giugno 2007

La soledad del manager - 2

Sarà questo il punto più basso?
Comincio a temere il domani.

(Per la cronaca: dentro la scatola, c'era una doppia polpetta con una lingua di bacon estenuata, e un fluido arancione. L'ho lasciata chiusa per decenza e rispetto. Avete una dura giornata sulle spalle anche voi, poveretti).

lunedì 11 giugno 2007

La soledad del manager

Non la abbellisco in alcun modo. Non ci provo neanche. Questa è la mia cena di stasera, così com'è, reperita in un supermercatino cinese dietro la stazione. La favolosa vita dell'art director in trasferta. Altro che Cibreo. Dategli una occhiatina, per favore.
Diciamo che almeno ho dato una rinfrescatina al mio diploma in soppressologia, capitolo "Finocchiona".
Domani è un altro giorno. Comincerà con un Nescafè, se riesco ad accendere l'unico fornello che c'è qua.

domenica 10 giugno 2007

Harissa (in progress)



Domani ne me vado in trasferta, e immagino che avrò poco tempo e poca testa per mettermi a pensare al mangiare.
Vi lascio in custodia il mio cucciolo di peperoncino (alto ormai quasi 3 cm), e la mia ricetta dell'Harissa come ricompensa. Certo, bisogna aspettare che cresca. Crescerà, lui.
Io, mah. Innaffiarmi, mi innaffio.



15/20 peperoncini freschi (circa 300 grammi)
1 cucchiaino cumino in polvere
1 cucchiaino semi coriandolo pestati
1/2 cucchiaino cardamomo in polvere
4 spicchi d'aglio
il succo di mezzo limone
sale
olio extravergine di oliva

Indossate i guanti di lattice. Fatelo, perché là per là sembra non accadere nulla, ma dopo un'ora le mani scottano di brutto.

Pulite i peperoncini con un panno, apriteli in due per il lungo, togliete (quasi) tutti i semi. Questo dipende da quanto sono piccanti i peperoncini: se non sono carognissimi, io qualche seme ce lo lascio, per potenziare. Mettete i peperoncini in una bacinella, copriteli con 2 manciate di sale grosso e fate riposare una notte.
Scolateli dal liquido che avranno prodotto, sciacquateli e asciugateli con carta assorbente, dopodiché si può procedere in due modi: o li si frulla così come sono, con le spezie, il succo di limone, l'aglio sbucciato, il sale e l'olio. Metodo più faticoso, perché i maledetti non si lasciano poltigliare tanto facilmente. Ma forse dipende dal mio frullatore scasso. Facendo così, io poi mi ritrovo a doverli passare nel passaverdura con il disco disco fine per eliminare le bucce.
O, come ho fatto l'anno scorso, li si passa per qualche minuto in padella, coperti, per farli appassire e poi li si passa nel passaverdura, insistendo finché restano solo le bucce trasparenti, e ogni polpa posibile sia stata spremuta.
E' in ogni caso un lavoro rognoso, ma vale il risultato.
Quello che si deve ottenere è una consistenza cremosa, senza frammenti di buccia.

Poi mettete in barattolo e conservate in frigo, con un velo d'olio. Non dura in eterno, ma per una ragionevole quantità di tempo.
Se volete far provvista per l'anno, allora la trattate come la salsa di pomodoro: sterilizzate dei barattolini piccoli, ci mettete l'harissa e risterilizzate per almeno 30 minuti bollendoli in pentola, completamente coperti d'acqua.
L'anno scorso l'ho fatto, e mi sono trovata bene.

venerdì 8 giugno 2007

Giovane Fico


In qualità di coltivatrice orgogliosa di orto metropolitano, vi presento i frutti del raccolto 2007. Trattasi di n°1 fico, spuntato miracolosamente nonostante la maldestra potatura di fine inverno che ho inflitto alla pianta, che ha ormai 6 anni e non ci stava più sul davanzale della finestra.
L'anno scorso ne aveva fatti 5. Mi accontento.
Ma chissà che questo Fico, che proviene dal terrazzo di un amico che non c'è più, terrazzo affacciato su piazza Ghiberti a Firenze, prima o poi non torni a vivere là.

martedì 5 giugno 2007

Melting pot

Cena multietnica di alta qualità.
Riso rosso di Andasibe (provenienza: Madagascar, ma è un incrocio tra un riso bianco indonesiano e una varietà selvatica africana), sale Mirroir di Bolivia, olio extravergine biologico del Poggione (Pisa).
Ragazzi, che raffinatezze! mentre mangio, penso al fatto che un paio di secoli fa per mettere insieme questi tre ingredienti in una sola scodella ci sarebbero volute perigliose spedizioni navali, percorsi in mezzo alla giungla infestata dai serpenti, carovane di muli arrampicate su per montagne impervie, probabili perdite di vite umane.
Il riso è buonissimo, tosto, mi ricorda un po' il riso selvaggio americano ma con un delicato gusto di nocciola. Il sale, non ho capito. Il mio palato va alla ricerca dei diversi sapori del sale, ma a parte constatare che ci sono (voglio dire: c'è differenza tra questo e il sale raffinato normale che si usa in cucina. Questo non sa solo di salato), non riesce a individuare il carattere. Non è facile. Forse ho sbagliato a metterlo su un riso così caratterizzato e con un olio così fruttato, lo proverò sul pane per cercare di sentire meglio.
Voglio capire con cosa abbinare questo riso, e tutti i sali che ho in cassaforte.

sabato 2 giugno 2007

Tarallucci & vino


Ennesima giornata puah. Due crisi convulsive della gatta, due tentativi di attacco di panico a me (ma me li aspettavo, e non cedo, cippirimerlo!), pioggia battente, e come tocco finale compro un costume da bagno a scopo di consolazione e sbaglio la misura. Dove avessi intenzione di bagnarmi al momento mi sfugge, dato che anche questa estate passerà senza mare, a occhio. Di buono c'è che la misura sbagliata era quella del reggiseno: il che significa che la mia percezione del mio davanzale è sbagliata per difetto. Evviva!
Come estremo tentativo di risollevare quel che resta del giorno dalla miseria in cui è iniziato e proseguito, ho provato a impastare tarallucci. Sembra che funzioni. Sono buonissimi.
(accanto ai tarallucci, la cara ormai quasi-estinta Zia, che vi saluta affettuosamente)

P.S. Dopo l'aperitivo, mi aspettano rollé di vitello alla griglia con chimichurri, e - udite udite! - una torta alla crema di marron glacé, come rinforzo.

venerdì 1 giugno 2007

Ossicini



"Fu" carré di agnello con panure aromatica al timo.
Rosicchiato sfacciatamente con le mani, alla faccia del bon ton. Bardolino Chiaretto. (il chiaretto, mi hanno appena spiegato, è il vino che accompagnava la mitica schidionata di pollastri de I tre moschettieri di Dumas. Cosa di cui riparleremo).
La micia ha passato una buona giornata, e io festeggio.