mercoledì 27 febbraio 2008

Pane 100% integrale con sourdough

Facciamo le persone serie. Questo è il risultato delle dannazioni della scorsa settimana.
Sono soddisfatta. Il pane è poco alveolato (con la farina integrale, senza tagli di farina di forza, mi sa che non si riesce a fare di meglio) ma abbastanza alto, con una bella crosta croccante. Con mia sorpresa il sapore acido, tipico del lievito madre, non si sente quasi per niente; invece è comparso chissà come un profumo leggerissimo di miele, molto gradevole.
Merito del poderoso sourdough Milano NW, che nonostante i pasticci è venuto su davvero bene.
Ringrazio Maruzzella per la ricetta http://ilcuoreeunafrattaglia2.wordpress.com

Ingredienti per una pagnotta da circa 1 kg

120 gr sourdough
650 gr farina di grano tenero integrale macinata a pietra

370 gr acqua

15 gr sale


• Dopo aver fatto gli opportuni rinfreschi al lievito madre, il pomeriggio del giorno precedente a quello in cui intendete sfornare il pane, preparare il primo impasto con:
120 gr di sourdough
150 gr farina

60 gr di acqua riposata
Impastare non più di tre minuti, mettere a lievitare coperto da pellicola a temperatura ambiente fino al raddoppio (il mio impasto ci ha messo circa 5 ore). Mettere in frigo per la notte.
• La mattina del giorno successivo, fare il secondo impasto con:
310 gr dell'impasto precedente
500 gr farina

310 acqua

15 gr sale

• Impastare per 15 minuti regolando, se necessario, acqua e farina per avere una massa soffice ma consistente. Io quando impasto in questa fase sbatto vigorosamente, ogni tanto, la pasta sul piano per aiutare il formarsi della maglia glutinica. Mettere a lievitare fino al raddoppio (circa 4 ore).
• Schiacciare e stendere delicatamente l'impasto sul piano infarinato, piegarlo in tre e poi ancora in tre nell'altro verso. Farne una palla, infarinarla e metterla a lievitare in un cestino rivestito con un canovaccio infarinato per 3 ore.

• Rovesciare delicatamente la palla sulla piastra rivestita con carta da forno infarinata, e infornare a 230° per 15 minuti (possibilmente umidificando il forno con una ciotola d'acqua posata sul fondo), poi abbassare a circa 190° per altri 50 minuti.

Raffreddare avvolto in un canovaccio su una griglia.
Io faccio tutto a mano, se avete l'impastatrice vedete voi tempi e velocità, non me ne intendo.
I tempi di lievitazione sono indicativi, ogni combinazione di temperatura ambientale, umidità, caratteristiche della farina, vivacità del lievito madre etc produrrà reazioni diverse.

domenica 24 febbraio 2008

Fermenti

Avevo giurato pubblicamente che mai avrei allevato creature - in coerenza con la mia radicata avversione alla maternità e alla parentela diretta - neanche sotto forma di muffe e lieviti.
Avevo promesso che mai avrei abdicato alla mia indipendenza, in favore delle esigenze tiranniche di organismi viventi e bisognosi di cure (con esclusione del Gatto, che riconosco come un essere superiore a me, e al quale tutto è dovuto).
Ed eccomi qua, prostrata da giorni di ansia, schiava di un barattolo di pappoccia glutinica che lentamente ma inesorabilmente cresce e si moltiplica nella nursery in dispensa.
Confesso che detesto questa avventura del lievito madre, che generalmente tanto appassiona la vera massaia. Giorni di immane sbattimento per studiare tutto ciò che il web ha da dire sull'argomento "Sourdough" (tecnicamente lievito naturale in coltura liquida). Una settimana di vagabondaggi per casa con il barattolo in mano in cerca di luoghi adatti per il baby, non troppo caldi, non troppo freddi, oddìo la corrente d'aria, oddìo non cresce, oddìo ha l'acetone, oddìo non respira; quintali di farina bio-pregiatissima sbattuti nel lavandino; pesare nanogrammi e cups e ml; orari, appunti, attenzioni.
Alla fine tutto per poter disporre quotidianamente di qualche carboidrato a medio/basso IG, che poi era la mia missione.
Comunque: posso affermare che ieri Milano-NW è nato, è robusto e vivace, ha avuto il biberon a mezzanotte, alle due aveva digerito e mi ha già obbligata a mettere la sveglia alle 8 del mattino (ripeto: sveglia alle 8, e tenete conto che di norma vado a dormire verso le 3) per nutrirlo.
Se tutto va bene, tra poco procedo alla biga, e domani metto in cantiere la prima pagnottona che farà contento Monsieur Montignac. Speriamo, perché non è mica detto che venga fuori qualcosa di edibile, da tutto 'sto lavoro.

A futura memoria, questo è il sistema che ho usato:

• 40 gr di farina di grano tenero integrale macinata a pietra
• 55 ml di acqua ( di rubinetto, riposata 24 h)

Ho fatto una pappoccia cercando di incorporare più aria possibile e l'ho lasciata in un barattolo di vetro, coperta da scottex a temperatura di circa 20°. Ogni 24h ho buttato metà del composto e ho rinfrescato il rimanente fino a raggiungere il volume iniziale. In questa fase, durata circa una settimana, ho tentato una serie di pasticci, dato che il magma non dava segni di vita: l'ho messo in forno con la lampadina accesa (temperatura 28°), ma era troppo caldo. Il quarto giorno ho aggiunto un cucchiaino di yogurt, dato che era poco vitale e l'odore era tropo acido (è servito moltissimo). Gli ultimi due giorni ho rinfrescato con metà farina integrale e metà manitoba (anche questo gli è piaciuto molto), e ho aggiunto qualche granello di zucchero di canna (non so se è servito o no). Sta di fatto che a questo punto si è avviato, raddoppiando di volume in circa due ore, producendo bolle in quantità ed emettendo un perfetto odore di champagne.

Ieri ho avviato anche una nuova coltura di segale integrale: se funziona, avrò a disposizione due starter per due pani diversi. Nella speranza che vivano a lungo in frigo, con rinfreschi settimanali, e non mi tocchi rifare tutto ciò altre volte. Tenendo conto che a me il pane fatto col lievito madre non piace granché, e preferisco di gran lunga il lievito di birra, sarei comunque assai soddisfatta di esserci riuscita.
In caso contrario solenne incazzatura, e pronto ritorno ai Wasa Fibre e all'orribile pseudopane Pema di segale germogliata (IG 35, ma rasenta l'immangiabile).
Nel frattempo: think positive.

lunedì 18 febbraio 2008

la conversione


E così, dopo nottate di studi sugli IG, sono addivenuta alle regole che dovrebbero costituire il mio futuro sistema di vita. Sia chiaro che è sospeso ogni giudizio di ordine ragionevole. Sia chiaro che lo faccio solo ed esclusivamente per motivi estetici (gli unici che riconosco come prioritari), e non perché ho sposato la causa della vita pseudosana. Sia chiaro che si fa un esperimento di un paio di mesi, e se non funziona si torna in volata alle farine del supermercato, alla pasta raffinata, il riso brillato e alle baguettes.
Sia chiaro che non mi sono imbabbionita.
Il fatto è che il mio nuovo guru, Monsieur Montignac, mi concede di mangiare dei carboidrati e non tornare a ingrassare, ma pone delle condizioni. E ti pareva.
Le condizioni sono: niente farina bianca. Neanche un cucchiaino per legare una salsa. Niente zucchero. Niente patate. Niente riso amidaceo. Niente lievito di birra.
Quindi: pasta integrale, riso (solo basmati integrale), pane integrale di farina macinata a pietra, meglio se non di grano tenero, possibilmente fatto con lievito madre; fruttosio come dolcificante. E una serie di complicati parametri e accorgimenti per combinare il pranzo con la cena in modo che la mia curva glicemica rimanga il più piatta e regolare possibile.
Cosa mi ha convinta? Semplice: sfogliavo un suo libro, e ho captato la frase "... il secondo bicchiere di vino a stomaco pieno...". Il secondo bicchiere di vino, ho sbavato, implica la presenza del primo. Mi è bastato per intravedere il paradiso. Ho comprato il libro, ho abolito tutti i miei precedenti principi fino a nuovo ordine, e ho aperto il mio spirito verso una nuova dimensione. Sperando che il corpo lo segua (soprattutto per quanto riguarda la dimensione).
Ed eccomi con la mia lista della spesa, un cappello a tesa larga, occhiali neri e baffi finti, diretta verso il supermercatino del ladri bio. Non fosse mai che qualcuno avesse a riconoscermi, demolendo così una annosa reputazione di estimatrice di OGM e patatine industriali.
Tralascio l'umiliazione di trovarmi nei corridoi tra mammine esangui seguite da bimbi verdastri e palesemente infelici, la cui scelta per merenda era tra i crackers di semi germogliati e gli snack al sesamo. Soprassiedo sul fatto che un chilo di riso selvaggio costa 18 euro, e un pacchetto di pangrattato Organic Biologic Integrale macinato a pietra (e suppongo grattato con le unghiette da vecchie indigene amazzoniche inserite in un programma di sfruttamento mascherato da protezione) costa 3,50. Sorvolo sul senso di tristezza che mi ha sovrastato nel leggere i marchi: Alce nero, Antico mulino rosso, Cerchio del sole etc. Mi perdoni il Bernardo Caprotti, e sappia che nel mio cuore sono sempre fedele alla Slunga, e che bacio la fidaty card ogni sera quando recito le preghiere.
Cerco di non pensarci, e di entrare nel trip: e ci entro! Mi ritrovo a fine corsia, dopo un'ora di studi maniacali di etichette, felice davanti a uno scaffale di paste marroni che un cane randagio rifiuterebbe nel pappone con un cortese "Grazie, non ho appetito". È fatta. Quando uno gioisce perché ha trovato le farrette, i tortiglioni di kamut e le penne di segale, vuol dire che è sulla Via. In questo spirito virtuoso mi fornisco di farina di grano saraceno, avena, segale, kamut, bulghur integrale, estratto di pasta acida... roba che lo so, produrrà del pane colloso, basso e pesante come un macigno, ma pur sempre pane!
Ormai invasata, valuto seriamente l'acquisto di un germogliatore.
Mi salva un volantino appeso sopra la cassa: il corso di Reiki, prima lezione gratuita. Mi vedo seduta per terra su un tappetino di cocco bio, vestita di comodi pantaloni di cotone non sbiancato, circondata da donne disperate di mezza età (tragicamente simili a me), a liberare le mie emozioni represse con respironi diaframmatici che preludono al pianto e promettono il sollievo e l'oblìo.
Mi ricordo improvvisamente che faccio tutto ciò - IO - per rientrare nel mio vestito con spacco inguinale, corredato a tacchi da dieci centimetri e cinturini di ordinanza, e spaccare il culo ai passeri sulla pista della mia milonga preferita. Senza privarmi di un tozzo di pane e due bicchieri di vino.
Se per questo devo passare per l'allevamento del lievito naturale, ebbene: ci passerò a testa alta.

Una firmetta, prego.

A Veltroni, Bertinotti e tutti i dirigenti del centro-sinistra

A proposito di legge 194 e di moratoria, c'è una petizione alla quale mi sento di aderire. Abbassare la guardia su questa cosa significa veder affacciarsi di nuovo l'intollerabile, come i fatti di questa settimana hanno dimostrato. Per leggerla e firmarla, si va qui:

http://www.firmiamo.it/liberadonna

martedì 12 febbraio 2008

Pork


Ho un crollo. Stasera o metto le zanne su qualcosa che mi appaga in qualche modo o do fuori di matto.
Quindi mi metterò a tavola davanti a qualcosa come mezzo chilo di tracchie al forno, alla faccia della miseria. Voglio sentire l'unto che mi cola giù per il mento come un troglodita. Voglio la cucina impestata di odore di grasso bruciato. Voglio dimenticare in qualche modo che ho a disposizione una sola fetta di pane stramaledettamente integrale.
Ci vediamo domani, con un penoso resoconto della mia gita al negozio bio.

lunedì 11 febbraio 2008

La fine del mango


Grazie dei conzigli. Certo che la cinquantina di lurkers che mi vengono a trovare ogni giorno potrebbero anche darsi da fare, qualche volta! Però nel frattempo io stanotte ho vagato per il web, e mi sono imbattuta in una fantastico "mango festival" dove ho trovato tre ricette proprio belle. Una di gazpacho di mango - troppo estiva-, una di pollo, ma avrei sofferto troppo la mancanza del riso di accompagnamento, e questa che ho fatto stasera. Ahimè, vagando mi sono anche persa l'indirizzo, per cui non posso più né ringraziare l'autore, né linkare come avrei voluto il sito dove l'ho trovata.

Spiedini di pollo e gamberi al profumo di tè verde con salsa di mango

Per 4 spiedini
•16 code di gamberi
•1/2 petto di pollo
•1 spicchio d'aglio
•1/2 cipolla di Tropea
•1 cucchiaio di tè verde
•1 cm di zenzero fresco
•1 limone

Preparare una marinata con le foglie di tè precedentemente ammorbidite in acqua calda,
cipolla e aglio tritati finissimi, zenzero grattugiato o spremuto, il succo di mezzo limone, sale, pepe. Sgusciare i gamberi, fare a dadini il pollo e marinarli per almeno due ore. Alternare gamberi e pollo sugli spiedini e cuocerli sotto il grill (io qua per fare presto li ho cotti sulla piastra di ghisa, ma è un po' troppo traumatico)

per la salsa
•1 mango maturo
•1/2 cipolla di Tropea
•200 ml di tè verde
•il succo di mezza arancia
•1 peperoncino piccante (fresco sarebbe meglio)
•1 cucchiaio d'olio
•sale

Preparare una infusione piuttosto concentrata con il tè.
Pelare il mango, farlo a pezzetti. Tritare finemente la cipolla e soffriggerla nell'olio in un wok o in una padella, aggiungere l'aglio spremuto e il mango; far andare a fuoco vivo per qualche minuto, poi unire il succo d'arancia e il tè. Salare e aggiungere il peperoncino tagliato a rondelle. Abbassare il fuoco e cuocere per un quarto d'ora, finché non è addensato.
Servire la salsa tiepida con gli spiedini.


Nella ricetta originale, la salsa prevedeva anche un cucchiaio di zucchero di canna (subito dopo aver soffritto la cipolla). Non ce l'ho messo perché non potevo, ma non mi è mancato. Anzi, sarebbe venuta troppo dolce, a mio gusto.
Poi: sancisco definitivamente oggi e per sempre che non sopporto il sapore dello zenzero associato ai gamberi e al pesce in generale. Mi piace molto in tutte le altre versioni. Ma con i gamberi proprio mi stomaca. Perché ce l'ho messo lo stesso? Per fare un ultimo tentativo, per non arrendermi ai miei personali pregiudizi. La prossima volta, coriandolo.
Alla fine era un piatto proprio buono. Avrebbe fatto anche bella figura con gli ospiti, se ne avessi avuti. Mi ha svagato il palato, ed è servito a rompere la monotonia dei miei soliti sapori. Ma non veramente di mio gusto. Contraddizione? No. Era oggettivamente buono, interessante, equilibrato, gradevole, particolare. Ma non è il mio genere, ecco. Sono irriducibilmente ruspante, a tavola.

domenica 10 febbraio 2008

Che me ne faccio del mango?


Ho bisogno di voi per la cena.
Ho qua un bel mango maturo al punto giusto, e vorrei farci qualcosa di meglio che mangiarmelo così com'è. Ho idea che ne verrebbe fuori qualcosa di buono, per esempio con dei gamberi, o del pollo. Una insalata, un curry, che ne so. Ho guardato in giro per il web ma ho trovato delle gran porcherie, o le solite tre ricette scopiazzate che rimbalzano da sito a sito. Niente che mi abbia convinta.
Qualcuno di voi ha una bella idea da suggerirmi?
Non posso usare zucchero, farina, riso, condimenti troppo grassi, burro etc.

sabato 9 febbraio 2008

Quaglie al Vermouth


Stasera ho deciso di trattarmi come se fossi mia ospite, come si evince dalla pregiata decorazione del piattino.
Ultimamente, profondamente abbattuta nello spirito dall'alimentazione sana e per niente di mio gusto, avevo abbandonato anche solo l'idea di inventarmi qualcosa di appetitoso con la miseria di ingredienti a disposizione. Ma non si può mica andare avanti così. Chi l'ha detto che tre frutti al giorno significa mangiarsi una mela a colazione, una pera a pranzo e una arancia a cena? Chi lo ha detto che lo yogurt sia una roba che si assume tristemente col cucchiaino a colazione? E che carni bianche equivalga a petto di pollo?
Alla riscossa!
Proviamo a cavare qualcosa di insano, laborioso e possibilmente privo di vitamine, da quello che posso.

• Due quaglie pulite ed eviscerate
• uno scalogno
• una arancia non trattata
• uno spruzzo di vermouth rosso
• un bicchiere di vino bianco
• due cucchiai di yogurt Total 2%
• un cucchiaio d'olio di semi di buona qualità, o di extravergine leggerissimo
• tre foglie di alloro
• sale, pepe

Pelare lo scalogno, tagliarne metà in due spicchi e tritare finemente l'altra metà.
Salare e pepare all'interno ogni bestiola, e inserire una foglie di alloro e uno spicchio di scalogno. Legare e imbavagliare le poverette, che per inciso fanno proprio impressione, con quelle coscette implumi e quei gomitini puntuti. Rosolarle in tegame con l'olio e lo scalogno. Sfumare con il vermouth, quando è evaporato aggiungere il succo dell'arancia e una striscia di buccia tritata a brunoise finissima. Aggiungere una foglia di alloro, coprire e portare a cottura. Togliere le quaglie e conservarle al caldo. Aggiungere al fondo di cottura il vino bianco, far restringere un po'. Mettere lo yogurt, mescolare bene (a non essere pigri, prima passate il fondo in un chinoise, poi lo rimettete in pentola e lo addensate con lo yogurt). Liberare le prigioniere, tagliarle a metà, togliere il ripieno e riscaldarle un attimo nella casseruola insieme all'intingolo prima di servire.


Questo è quello che ho fatto io, e mi è sembrato buono. Il vantaggio delle quaglie, come anche del coniglio, è che sono laboriose da spolpare, per cui con due quaglie ci si intrattiene una mezz'ora e si ha l'impressione quasi di cenare in grazia del signore, anche se si è a dieta.
Voi fortunati potete anche usare il roux (burro e farina) al posto dello yogurt per legare la salsa, e accompagnare libidinosamente con riso pilav.

lunedì 4 febbraio 2008

Patatine mignon al caviale e panna acida


Credo che siate stufi quasi quanto me di questa lagna dietetica. Sento che è ora di rallegrare il layout di questo luogo, divenuto troppo austero ultimamente. Mi sembra ideale questa cosina buonissima che mi ero fatta per chiudere degnamente il 2007. Torna spesso a visitarmi, in sogno.

- 200 gr panna acida
- 50 gr caviale (ovviamente sostituibile con uova di lompo, se come me siete in fase pezzente)
- sale
Riscaldate il forno a 220°.
Inumidite le patatine, salatele e disponetele sulla piastra del forno.
Cuocete fino a quando la buccia sarà croccante e l'interno morbido (tra i 40 e i 60 minuti a seconda della dimensione delle patatine).
Incidete per il lungo ogni patatina ancora calda, schiacciatela leggermente per aprirla e creare un incavo nel quale metterete un pizzichino di sale, un cucchiaino di panna acida e mezzo cucchiaino di caviale.
Servite immediatamente, e siate felici.

venerdì 1 febbraio 2008

Breakfast


Dopo venticinque giorni di astinenze durissime si torna gradatamente a vivere, festeggiando i cinque chili di meno abbarbicati al girovita.
Festeggiare, per questa settimana, vuol dire che mi sono concesse a colazione (anzi, obbligatorie, ma ciò gli toglierebbe buona parte del piacere) due fettine di pane integrale spalmate di formaggini freschi, un frutto ma soprattutto, soprattutto un cucchiaio di latte nel caffè. Che è un autentico sollievo. Più del caffè nero odio solo il caffè ristretto.
La prossima settimana avrò frutta anche a pranzo e a cena, la successiva una fettina di pane anche a pranzo e a cena, e la gloriosa ultima settimana potrò - tripudio massimo! - ingerire persino un pugnetto di riso o pasta o legumi. Il tutto accompagnato sempre e solo con acqua.
Dopodiché avrò bisogno dell'aiuto di un super-io addestrato nei marines per evitare di rifare tutti i goduriosissimi errori che mi hanno portato all'increscioso imbalenimento. Ahimè, non riesco a rinnegarne nemmeno uno. Li ricordo tutti con affetto e rimpianto, e non riesco neanche remotamente a immaginare di starne alla larga forever.
Ci sarà una santa (possibilmente non anoressica) a cui chiedere la grazia dell'impunità alimentare?