venerdì 30 gennaio 2009

Il riso iraniano di accompagnamento


Era da tanto che volevo raccontarvi questa ricetta che mi accompagna da vent'anni. Lo faccio ora che non posso mangiarla. Per ricordare una vacanza memorabile, e la prima persona che mi ha aperto il mondo della cucina mediorientale, che poi è diventata una delle mie preferite. Quella persiana in particolare.
Quell'anno feci una cosa che adesso non rifarei neanche sotto tortura: mi imbarcai al buio, per una vacanza nelle isole Ionie su un charter a vela. Ero sola, era il 28 di luglio, non sapevo che fare, amavo la vela, c'era ancora un posto a bordo. Via.
La faccenda si rivelò subito degna di un film di Mel Brooks.
L'equipaggio era assolutamente male assortito: 14 individui che non avevano niente in comune - non l'età, non la provenienza, non i gusti, niente di niente. La maggior parte dei quali erano relitti del disadattamento sociale (le persone normali non si infilano in una vacanza di quel genere). Ricordo un alcolista sessantenne che non si lavava da almeno sei mesi; una maestra romagnola in pensione; un farmacista in viaggio di nozze con la sua moglie-bambina, identico al Furio di Carlo Verdone; una coppia di venditori di automobili gay di Giakarta, entrambi enormi russatori e dotati di una insana passione per gli scherzi. Tutti stipati su una barca in ferro di 30 metri che, come mossa preliminare, ruppe il motore nottetempo in mezzo alla traversata da Bari a Corfù. Tanto per chiarire subito cosa ci aspettava. Nessuno, salvo lo skipper, io e un paio di altri disperati aveva la minima esperienza di vela. 30 metri di barca sono tanti, per chi non lo sapesse, da muovere a sola vela in un paese molto ventoso, manovre in porto comprese. Spesso, quando scendevamo a terra, la folla che si era radunata in banchina a guardare ci applaudiva e ci offriva cicchetti, per dire.

La prima sera la passammo discutendo forsennatamente su quale fosse la miglior parmigiana di melanzane possibile. Per non venire alle mani, si passò ai fatti: tre squadre, tre versioni di parmigiana vennero prontamente allestite per chiudere la questione. Avevamo trovato la chiave, e questo ci salvò.
Chi va in barca sa che non è semplicissimo friggere melanzane di bolina. E neppure fare le frittelle di mele per merenda, e tutto il resto che facemmo e che è inenarrabile, e forse anche un po' vergognoso. No, senza il forse: si parlava di cibo, si scendeva a terra per comprare cibo, si elaborava cibo. La barca, di dotazione spartanissima, aveva però una cella frigorifera degna di un ristorante. In mezzo all'Egeo, sotto le sferzate del Meltemi, da sottocoperta si alzavano colonne di vapore odoroso di agnello, zaffate di fritto, sbuffi di farina e si intrecciavano ululati: "Due mani di terzaroli! Dov'è lo zafferano?! Cazzare la randa! Controllare il forno! Aperitiiiivo!"
Lo skipper, Farzin, era un ragazzo iraniano non solo bravissimo, rilassato, saggio e spiritoso, ma anche ottimo cuoco. Devo a lui un sacco di scoperte in cucina, e una estate bellissima.

Questo tortino di riso è un po' come il pane: serve per accompagnare tutti i piatti di carne con abbondante salsa, gli stufati e le verdure in umido. È semplice, bello e squisito, e quando ci avete preso la mano si fa a occhi chiusi.

Ingredienti:
  • riso Basmati o Patna o Thaibonnet, e comunque riso a chicco lungo e stretto, non parboiled. Non ci provate con i risi italiani amidacei, non sono adatti.
  • acqua
  • olio o burro
  • qualche seme di cardamomo
  • una padella (io uso le antiaderenti) con il coperchio esattamente della misura giusta
  • un tovagliolo immacolato
Per prima cosa preparo il coperchio, legando il tovagliolo in modo che resti ben teso sotto.

Il riso si misura a volume, non a peso. Per ogni misura di riso (diciamo un bicchiere) ce ne vogliono due e mezzo circa di acqua.
Quindi decido quanti bicchieri di riso voglio cucinare, lo metto a bagno e poi lo sciacquo a lungo in un colino finché l'acqua non esce pulita.
Poi misuro i relativi bicchieri di acqua e li metto nella padella.
La padella deve essere piena per circa due terzi, quindi sceglietene una della grandezza giusta relativamente alle vostre quantità.

Aggiungo un pezzetto di burro o un goccio d'olio, poco sale e i semi di cardamomo leggermente schiacciati con la lama di un coltello (non se uso il riso thai, che è già profumato di suo), e quando bolle verso il riso. Lo mescolo ogni tanto delicatamente, e lo lascio cuocere finché non ha assorbito la maggior parte dell'acqua, ovvero fino a quando si vede il riso, ma non più l'acqua.

A quel punto non lo tocco più, abbasso il fuoco al minimo (ma proprio al minimo) e metto il coperchio ben calcato.
Mi verso un bicchiere di vino e faccio altro, ma vigilo. Ogni tanto sposto un po' la padella. Il coperchio non va più aperto fino a quando il tortino è cotto, ma come si fa a saperlo senza dargli un'occhiatina?
Mi bagno la punta di un dito e sfioro il fianco della padella, verso il bordo superiore: quando sfrigola, vuol dire che la crosticina si è formata, e il tortino è pronto. Parola della mamma di Farzin. Non oso immaginare la sensibilità della punta del suo dito indice, dopo quarant'anni di riso quotidiano.


23 commenti:

Anonimo ha detto...

Yeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee! Grazie, questa la preparo alla prossima cena! Baciu!

Andrea Ferrigno ha detto...

Che bella storia ;)
La preparazione è completamente diversa, invece il risultato pure, però questa cosa mi ricorda la torta di riso alla bonarda che si mangia nel pavese.

fedeccino ha detto...

... a parte la bellissima presentazione a tappe fotografiche, e la ricetta che farei subito se non fosse che dovrei aggiungerci qualcosa di intingoloso, immagino che ti abbiano gia' detto che dovresti scrivere un libro, vero ?

lise.charmel ha detto...

anni fa anch'io non avevo nessuno con cui andare in vacanza e non ero nemmeno stata mai su una barca a vela, era una situazione personale un po' disperata e mi sono iscritta a una settimana di vela tra le isole eolie. colpo di fortuna esagerato: è stato un equipaggio perfetto. eravamo tutti più o meno della stessa età, ci siamo adattati tutti a tutto senza problemi, credo sia stata una delle vacanze più belle della mia vita. ero partita con una crisi personale gigante, poi l'ho ritrovata al ritorno, ma per una settimana non ci ho pensato.
è bella la tua ricetta, sono molto belle anche le foto e per riallacciarmi ai commenti, io il risotto al vino rosso l'ho fatto sabato :)
ps: sei stata al ristorante persiano di via tortona? io una volta e ci ho mangiato molto bene!

Esmé ha detto...

Maricler: molto meglio se te lo fai da te, visto che io spesso lo brucio ;-)

Renzo: il risotto alla Bonarda mi sfugge. Bisognerà rimediare.

Fedeccino: sì, me lo hanno già detto. Ma secondo me scherzavano.

Lise: ci sono stata, ho mangiato come in una onesta mensa aziendale. Decente, un po' scotto e al giusto prezzo. Niente da ridire, insomma, ma è come mangiare due uova al burro con contorno in latteria e pensare di aver provato la cucina italiana.

Anonimo ha detto...

la ricetta non la farei mai perchè sono pigrissima e mi pare una gran faticata, ma se qualcuno di buona volontà me la preparasse, la vita assumerebbe connotati indubbiamente molto più allettanti.
In compenso la storia è talmente mirabolante e splendida che vorrei imparare a disegnare per realizzarne una striscia di fumetti.
Aladino e la tua dannata lampada, dove sei? UN paio di giorni di capacità di disegno, a me che non so fare manco una casetta di quelle col fumo che esce dal comignolo e che ho meno senso della prospettiva di un bradipo con la bronchite.
Mi rileggerò l'avventura velo gastronomica nelle giornate di pioggia, di improvvide tristezze, di insorgenti dubbi sull'esistenza.
grazie zeldù
dinahrose

bandini ha detto...

me la cavo -per ora- quotando m.lle dinah washington e il suo funambolico commento. :-)

ComidaDeMama ha detto...

Non so da dove incominciare. Il racconto è bello, ironico e divertente, brava!
Anche a me piace la cucina iraniana, che ho conosciuto a casa di un'amica iraniana ad Amsterdam, dove ho vissuto per parecchi anni. Avevamo anche i negozi, era facile trovare tante cose buone.
Questa tecnica che spieghi benissimo con tante belle immagini l'avevo letta sul libro di Claudia Roden. Ma non l'ho mai sperimentata.
Ora ci proverò!

Esmé ha detto...

Grazie Comida!
Hai ragione, sul libro della Roden c'è la ricetta del Chilau, riso alla persiana. È un po' più complicata di questa, che evidentemente è la versione casalinga della mamma di Farzin (che dio li benedica). Ho mangiato anche, in un ristorante, una versione fatta con delle fette sottili di patata messe sul fondo della padella, che formavano una crosticina ancora più superba.

Dinah e Bandini: ve lo farei volentieri, se non fosse per il chilometraggio che ci divide. Però secondo me è la vera ricetta per pigri: si mette in pentola e si lascia lì, in pratica. Potete farcela da soli. Poi, se un giorno venite a Milano, promesso.

ComidaDeMama ha detto...

Ci provo anche se non ho la pentola antiaderente, wish me luck!

Esmé ha detto...

Vai tranquilla, la mamma di Farzin mica ce l'aveva l'antiaderente!

Anonimo ha detto...

Da semplice degustatore devo ammettere che è proprio buono.
Da ricercatore selvaggio di risi, invece, ti comunico che ne ho trovato un altro verydoc.
Quando e se, recupero 5 ore di autonomia, te lo porto.
ciao
nonno

Esmé ha detto...

Grazie Nonno, sei la mia dispensa parallela. Ce la fai a metà marzo, per festeggiare la mia liberazione dalla nazidieta?

ComidaDeMama ha detto...

Grazie alle tue istruzioni il riso è venuto benissimo, grazie!

Esmé ha detto...

Muy bien, comida. Che il tortino vada per il mondo e si moltiplichi.
Intanto qua si va avanti a proteine animali. Diventerò sì magra ma anche molto, molto aggressiva.

Andrea Ferrigno ha detto...

per assaggiare la torta di riso alla bonarda ti consiglio l'ottima Ustaria di Giugatòn.

Io non posso tornarci perché ho litigato col Giugaton, alla faccia del soprannome. Ehm. Però si mangia bene.

Anonimo ha detto...

intanto ieri ho comprato il riso e una antiaderente nuova mi manca solo il cardamomo e adesso vado a cercarlo e una indicazione di tempo di cottura ,dalla posa del coperchio
al dito che sfrigola
20 minuti? 10? un bicchiere di vino centellinato?
dai che domani lo faccio in accompagnamento a uno stufato di bufalo
pagno

Esmé ha detto...

Pagno: i tempi variano. C'è la quantità di riso, la qualità, la pentola, il fuoco; c'è da considerare anche quanto tempo ci metti a bere un'ombra (io su questo non faccio testo).
Diciamo da un quarto d'ora a mezz'ora?

Anonimo ha detto...

ok però il crdamomo qui in terraferma non si trova
provo a venedig e agisco

Esmé ha detto...

pagno, non ti incistare sui dettagli, il cardamomo non è indispensabile.
Ah, aggiungo che la carne di bufalo mi ha fatto assolutamente schifo. Mai più!

Anonimo ha detto...

cara esme i am not a lady like you
e invece a me il bufalo mi piace
vieni da me e ti faccio provare qualche ricetta succulenta
un we solo ciccia niente pesce ok?
pagno

FrancescaV ha detto...

mi segno questo tortino da provare anche io :-)

Sergio ha detto...

Non so se segui ancora il blog (a guardare le date direi di no) però volevo dirti che la felice scoperta del tuo tortino, o meglio del tortino della mamma di Farzin, mi accompagna con molta soddisfazione da quando l'ho scoperto, Mi piaceva dirtelo dieci anni dopo. ;-)