sabato 28 aprile 2007

Cheese Watching

C'è chi si sdraia in un prato pieno di formiche per guardare le nuvole, chi striscia nelle paludi travestito da botte per spiare il beccaccino, chi contempla col binocolo la vestizione dell'aitante dirimpettaio. C'è chi, come la mia gatta, raggiunge il Satori guardando il cestello della lavatrice che gira. In effetti, in famiglia non siamo del tutto normali: io ho passato due anni a osservare ogni sera una porzione di terra sassosa nell'Antartico. Si copriva lentamente di neve, poi la neve si scioglieva. Arrivavano dei pinguini, poi partivano. Ogni tanto, passava un iceberg. Ma era troppo frenetico per i miei gusti.
Se siete seguaci dell'inattività e in sintonia con la necessità di partecipare al Grande Nulla, vi propongo questa particolare contemplazione:
http://www.cheddarvision.tv/

venerdì 27 aprile 2007

Chiuso per digestione

Ospiti! Che siano benedetti.
Ieri sera due amici a cena mi hanno dato il pretesto per fare un gran frittone. Ho impastellato e fritto e mangiato con soddisfazione asparagi, anelli di cipolla, zucchine a tronchetti e un esperimento che mi è piaciuto molto: spaghetti di zucchine. Ovvero lunghi fili di zucchino, tipo spaghetti alla chitarra, tagliati con la mandolina, buttati nella pastella e poi nell'olio bollente a cucchiaiate.
Non ci ho messo anche il Saganaki, perché sapevo che sarebbero arrivata una selezione di formaggi di capra (e che formaggini! di Peck! Lusso inaudito!), che ho scaldato su crostini con miele di lavanda. NB: ogni donna avveduta deve sempre avere in casa del miele di lavanda, casomai un ospite arrivasse con dello chèvre semistagionato da giustiziare.
Gran finale con un pampepato di Ferrara.
Menu leggerino, insomma.
Quindi stasera mi finisco il vermentino e il formaggio, e cerco di riprendermi.
Hasta siempre.

giovedì 26 aprile 2007

Pagine



William Saroyan è un autore che va dritto alla radice delle cose. Sembra semplice, e lo è. Sembra essenziale, e lo è. Sembra ingenuo, e non lo è. Fa bene come bere acqua di fonte (e infatti ne parla spesso, dell'acqua da bere).
E' armeno. Scoppia - letteralmente - di vita.
Fa parte da tempo del mio piccolo mondo di scrittori del cuore. Quelli che vai a trovare quando ne hai piene le scatole delle stronzate. Quando ti sei impelagato in pensieri farraginosi. Quando hai bisogno di una ripulita.
Ieri sera leggevo questo:

"... L'uomo è qualcosa di più che l'abitante di un corpo, ma è anche questo; sarebbe un errore sottovalutarlo. Anche il massimo distacco non può mai essere totale. È al suo meglio quando gli impulsi del corpo sono minimi, sotto controllo.

Io e il mio corpo desideravamo e bramavamo molte cose, tutte collegate tra loro, tutte, nell'insieme, una sola cosa: realizzare me stesso come creatura che vive e opera ai massimi livelli. Era un desiderio prepotente. Volevo acqua, luce, aria, buoni odori da respirare - acqua, erba, foglie, fiori, frutta, terra. Mangiavo angurie, fichi, albicocche, pesche, uva, pere, meloni verdi, arance, fragole, mandorle, noci, tutte le delizie che crescevano nella campagna di Fresno. E più insolite: loquat, mandarini, cachi. Volevo pomodori, peperoni, cetrioli, volevo mangiarli direttamente dalla pianta. Tutti i tipi di pane, e il formaggio bianco degli armeni, puro o mescolato con verdure, fresco o stagionato. Acqua. Dopo tutto il resto volevo acqua.

Volevo la carne, rossa e rovente dallo spiedo sul fuoco; cotta in pentola con cavolo, okra, fagiolini, peperoni, pomodori, melanzane; pomodori, cetrioli, zucchine, melanzane oblunghe e sottili, peperoni ripieni di carne trita e pezzetti di grano, polpette di carne con cipolla, erbe e chicchi di melograno. Grassa carne arrosto, con riso o polenta di frumento. Volevo il latte acido degli armeni, da loro chiamato matzoon, da altri yogurt; mangiarlo da solo, versano sul cavolo ripieno, mischiano con menta e cetrioli, accompagnarlo con il pane bianco, sottile e croccante degli armeni. Divoravo enormi quantità d'aglio, ero più assetato che mai, e l'acqua di Fresno era buona.

Volevo carne trita con riso ed erbe avvolta in foglie di vite. Stufato di carne con verdure e albicocche secche. Tutte le pietanze di cereali e lenticchie, con o senza carne. Volevo mangiare, mangiavo, poi bevevo acqua. La bevevo per ore, dopo ogni pasto. Andavo avanti e indietro dal lavandino della cucina, dove mi rifugiavo a leggere, e bevevo direttamente dal rubinetto, o riempivo un bicchiere e bevevo, lo riempivo e bevevo, senza sosta.

Volevo mangiare perché mangiare è una gioia. Il cibo giovava al mio corpo e ancora di più l'acqua dopo mangiato. Ne ero convinto. Il mio corpo amava il buon cibo, io amavo il buon cibo; la mia anima, il mio cuore, la mia intelligenza. I poveri se sono intraprendenti non conoscono la fame, a meno che non si diffonda un'epidemia di colera, o non ci sia davvero un soldo. Nella mia famiglia ci procuravamo sempre il denaro per mangiare; avevamo tutti un grande appetito da soddisfare.

Se non ci potevamo permettere un cibo, mangiavamo in gran quantità quello che ci potevamo permettere. Preparavamo piatti fantastici con gli ingredienti più economici. La farina era sempre accessibile, e cuocevamo pane di tutti i tipi; cucinavamo il riso in dieci modi diversi; la polenta di frumento accompagnava molte pietanze; verdura; frutta; foglie di vite: ci bastava andare nella vigna di un amico e raccogliere foglie tenere a volontà. Le mettevamo nei barattoli appena sbollentate e ci bastavano fino alla stagione successiva.

Mangiare non basta. Soddisfare i piaceri del corpo non è sufficiente. Mangiare e lottare, come la metteva mia madre, non era abbastanza. Io e mio fratello invariabilmente ci alzavamo da tavola pieni di cibo e ci prendevamo a pugni in cortile, un po' per gioco, un po' sul serio."

William Saroyan
In bicicletta a Beverly Hills - Marcos Y Marcos, 2001
(The Bycicle Rider in Beverly Hills, 1952))

martedì 24 aprile 2007

Outback Steakhouse Bloomin' Onion

Esistono cibi mitici. Qualcosa che hai sempre desiderato assaggiare, ma è per qualche motivo irraggiungibile. Qualcosa che solo a sentirlo nominare fai le bave. Qualcosa che hai assaporato, immaginato, perfezionato nelle lunghe notti insonni. Non so i vostri (e vorrei tanto saperli). Tra i miei, ci sono: il frutto dell'albero del pane (desiderio che mi porto dietro da quando imparavo a leggere, e imparavo sulla edizione integrale de I pirati di Mompracem, e mi si è piantato nella memoria); un vero asado argentino, fatto con le mucche argentine, in una Quinta argentina. Il caviale Ossetra non pastorizzato, almeno quello, l'ho raggiunto.
Ultimamente alla lista si è aggiunta la Outback Steakhouse Bloomin' Onion.
Conservo questo progetto nel mio cuore da circa un anno, da quando cioè un amico di chat me ne ha fatto una descrizione poetica e sublime. O forse prosaica e sublime, non ricordo.
E lo scorso agosto ne ho quasi sfiorato la realizzazione, ma come sempre accade tra questa e le circostanze avverse c'è stata battaglia, e hanno vinto queste ultime. Perché, per la Onion, ci vuole un cipollone di dimensioni colossali. Un cipollone di circa un chilo. E, in Italia, cipolle di quella stazza si trovano solo in Sicilia, e sono le cipolle di Giarratana. E io le ho toccate, le ho avute in braccio, le ho cullate! Ma il mio bagaglio ed io dovevamo arrivare da Siracusa al Canavese in nave e in treno - praticamente "Dagli Appennini alle Ande" - e assolutamente una cipolla grossa come la testa di un bambino di otto mesi non poteva seguirmi. Per cui ho dovuto congedarmi da esse, con la promessa e la speranza di riuscire, un giorno, a ricongiungerci in prossimità di una pentola adatta.

La cipolla

1 uovo
1 tazza latte
1 tazza farina bianca
1 1/2 cucchiaini da tè sale
1 1/2 cucchiaini pepe di caienna
1/2 cucchiaino pepe nero
1/4 cucchiaino origano secco
1/8 cucchiaino timo secco
1/8 cucchiaino cumino
1 cipolla gigante di spagna (3/4 pound or more)
olio per friggere




La salsa

1/2 tazza maionese
2 cucchiaini ketchup
2 cucchiai da minestra pasta di rafano
1/4 cucchiaino paprika
1/4 cucchiaino sale
1/8 cucchiai da tè origano secco
1 pizzico pepe nero
1 pizzico di pepe di caienna

1. Preparare la salsa mescolando tutti gli ingredienti in una codellina. Metterla in frigo coperta.
2. sbattere l'uovo con il latte in una ciotola abbastanza grande da immergere la cipolla.
3. In un'altra ciotola, mescolare la farina, il sale, il pepe, l'origano, il timo e il cumino
4. tagliare la cipolla: Per prima cosa togliere circa 1,5 cm da ciascuna delle due estremità. Togliere la buccia esterna. Usando un coltellino, togliere il cuore della cipolla per un diametro di circa 2 cm. Con un coltello lungo e affilato, incidere la cipolla seguendo il diametro, per circa circa 3/4 dell'altezza. Girare la cipolla di 90° e fare lo stesso in senso trasversale al primo taglio, formando una X. Dividere ogni quarto in 4 parti, con molta delicatezza, sempre facendo attenzione a non arrivare fino al fondo della cipolla.
5. allargare i "petali" della cipolla. Gli strati tenderanno a restare attaccati insieme, bisogna separarli per riuscire a cuocerli meglio.
6. immergere la cipolla nel composto di latte e uovo, e poi coprirla generosamente con il miscuglio farina-spezie. Separate ancora i petali e cercate di far penetrare il composto. Quando la cipolla è ben ricoperta, rituffatela nel latte e ripetete l'operazione. Questa seconda immersione fa sì che la cipolla non perda la copertura durante la frittura, cosa che tenderà a fare.
Mettete la cipolla su un piatto a riposare in frigo per un quarto d'ora, finché non sarete pronti con l'olio.
7. scaldare l'olio in una pentola alta. Accertatevi che l'olio sia sufficientemente profondo per coprire completamente la cipolla mentre frigge.
8. immergere la cipolla nell'olio con i petali in alto, e friggetela finché sarà ben dorata. Toglietela dall'olio e mettetela a scolare su abbondante carta assorbente
9. disporre la cipolla su un piatto, allargando i petali in modo da creare lo spazio per mettere una ciotolina di salsa nel buco al centro.

Si stacca un petalo alla volta, e lo si bagna nella salsa.

Non è romantico?

lunedì 23 aprile 2007

Gimme an onion

Dopo voglio mettere le istruzioni della ormai mitica Outback Steackhouse Bloomin' Onion. Ma devo trovare tutti i pezzi.

Per stasera vogliate gradire la francescana cipolla al forno del mio desco. Mangiare da Re.



Prendansi un paio di cipolle, avvolgansi nella stagnola. In mancanza di una cucina economica, mettansi in forno - mentre cuoce qualcos'altro - per circa un'oretta.
Aspettare che si freddi, sfogliare e condire con pepe nero, olio extrabuono e basta. O, avendolo, del timo fresco.

domenica 22 aprile 2007

Peperoni (again)



A me piace fare la spesa al mercato del sabato. Però, porca miseria, se prendi meno di due chili di qualsiasi cosa ti guardano come se non avere a casa sei bocche da sfamare sia una cosa da infami. Un attentato all'economia nazionale, un fallimento esistenziale, un peccato da scontare mangiando friarielli per tre giorni di fila, zucchine per una settimana, e non parliamo dei 10 carciofi regolamentari, capaci di venire a nausea anche a una carciofaga? carciofofaga? insomma, entusiasta divoratrice di carciofi come la sottoscritta.
I peperoni arancioni, insomma, erano tanti. Ma me li hannno ficcati in braccio con tanto entusiasmo (e il banchista era così carino, diciamolo, con certe ciglia da gazzellone del deserto), che stasera me li ripropongo senza troppe lamentele. Ci impapocchio sopra una salsa tonnata residuale, con tonno, capperi, acciuga dissalata, petit suisse, prezzemolo e harissa.
E la messinscena non è granché, ma parbleau: ho passato la domenica in cucina sì, ma col portatile a studiare i feed rss, i fogli stile css e tutto il resto che bisogna capire per arredare un blogghettino semplice e modesto come questo. Mentre la lavatrice macinava instancabile carichi di golf, che è proprio ora di metterli via.


sabato 21 aprile 2007

Bracchetti si nasce?



E' questo, il momento duro. Lasciamo stare il perfetto giorno di primavera che dolcemente declina lasciando il posto alla perfetta sera di primavera (che è anche peggio), la quale precede la notte di primavera (insostenibile). Lasciamo stare che è sabato etc. E anche che nessun principe è previsto ospite alla mia tavola, tanto per cambiare.
E' che sono solo le 19:04 e le fettine di lonza stanno già in frigo a marinare, la provola è tagliata a bastoncini, il pangrattato è stato mescolato al parmigiano, le patatine novelle lavate e asciugate, le teglie in attesa. Ma è drammaticamente troppo presto per comporre gli involtini. E se apro una bottiglia di bianco adesso, per farmi mezzo bicchiere di aperitivo, la finisco prima che il tutto esca dal forno - ma che dico: prima che ci entri! E ciò non va bene.

Io credo di essere stata bracchetto, con la ciotola vuota tra i denti e lo sguardo ansioso.


venerdì 20 aprile 2007

Purpett'

C'è sempre qualcosa di cui consolarsi. Per consolarmi di non avere il prosciutto cotto, necessario per fare certi involtini agli asparagi che avevo in mente, con gli asparagi mi ci son fatta le polpettine. Nella ricetta originale andrebbero affogate nella fonduta e gratinate, ma volevo provare ad accompagnarle con lo zabaione salato: ce lo vedevo bene.
E c'avevo ragione, c'avevo.



(visto che sciccheria di piattino? Nella vita reale, ovviamente, i purpett' erano almeno 18, e sono state consumate alla bruttodio con le mani, tirando su la salsa col pane, da vera nobildonna).

mercoledì 18 aprile 2007

Mantecato riciclato

Avevo comprato al mercato dei peperoni arancioni. Segnaletici, bellissimi, mai visti in natura. Nel frattempo, per caso, ho avuto in eredità una dose smodata di baccalà mantecato. Cose che capitano, a noi fortunati.
Lo so, è banale: ma ho abbrustolito i peperoni e li ho spellati e divisi in due falde, li ho farciti di baccalà, ho aggiunto del prezzemolo, ho fatto su degli involtini e li ho ripassati in forno.
Marò! Che buoni. Non ce l'ho la foto, erano impresentabili. Ma li rifarò (cosa che consiglio vivamente anche a voi).

Ma che voi e voi?

Io avevo l'idea che qualcuno, prima o poi, leggesse i miei vaniloqui. E soprattutto commentasse, o meglio ancora mi raccontasse cosa c'è a casa sua, per cena. Il senso era quello. Che me ne faccio di un blog, arredato e apparecchiato, se poi ci sto da sola? Tanto vale, allora, mangiare in cucina davanti alla tv.
Se va avanti così, immagino che chiuderò bottega, e mi darò al modellismo navale.

martedì 17 aprile 2007

Pastina in brodo della pensione


Portare a ebollizione il brodo (lungo ma grasso) in una pentola di alluminio non perfettamente pulita. Gettare la pastina (stelline). Chiamare una amica al telefono e stare al telefono il doppio del tempo necessario alla normale cottura della pastina. Spengere il gas e quando la minestra è quasi fredda portarla in tavola e servirla nelle fondine gelate augurando buon appetito.

« Grazie altrettanto »



Amo Aldo Buzzi da più di vent'anni. La sua eleganza, la sua discrezione, l'occhio sottile, il garbo e l'ironia, la curiosità benevola e acuta. Insomma, la grazia.
So che lo ha ripubblicato tutto Ponte alle Grazie in tempi più recenti, per cui si trova. Leggetelo, vi prego. Non solo questo libro: tutti!

lunedì 16 aprile 2007

Maiale al Coriandolo (Afelia Me Pourgouri)



Ogni tanto mi faccio questo semplicissimo e aromatico spezzatino, che fa parte di quei numerosi piatti casalinghi che i greci si rifiutano, misteriosamente, di mettere a disposizione dei turisti (che così restano convinti che la cucina greca sia monotona e unticcia, e non è vero).
La ricetta originale è questa qua:

per 2 porzioni

per lo spezzatino:
400 gr spezzatino di maiale (non troppo magro)
2 cucchiai di semi di coriandolo
2 bicchieri di vino rosso
olio

Per il burghul:
burghul (grano spezzato) 1 volume
olio
cipolla tritata
acqua 2 volumi

Tagliare a bocconcini piccoli (2x2 cm o poco più) la polpa di maiale.
Scaldare l'olio in un tegame, rosolare la carne, aggiungere il coriandolo pestato nel mortaio (grossolanamente, non proprio polverizzato), poi il vino e cuocere a fuoco basso per circa un'ora.
Se asciuga troppo, aggiungere ancora vino.
Rosolare in olio la cipolla tritata, versare il burghul, insaporire mescolando, aggiungere l'acqua, salare, coprire, abbassare la fiamma al minimo e cuocere per circa 10 minuti senza più mescolare.
Servire caldo, mettendo nel piatto lo spezzatino sopra il burghul, accompagnato da un cucchiaio di yogurt greco intero.



L'unico difetto, a mio parere, è che la carne riesce un po' secchina. Allora l'altra sera ho provato questa variante, che mi è piaciuta altrettanto anche se viene fuori un piatto molto diverso: ho usato vino bianco invece del vino rosso. Ho aggiunto un cucchiaio di Maitzena, sciolto in un goccio di acqua, a un vasetto di yogurt a bassa percentuale di grassi e ho mescolato bene. Dopo circa mezz'ora, l'ho aggiunto allo spezzatino e ho lasciato cuocere ancora un quarto d'ora. La cottura nello yogurt (un classico della cucina mediorientale) mantiene la carne morbida, e produce una salsa delicata e vellutata. La maitzena va aggiunta per evitare che lo yogurt coaguli e "stracci" in cottura.

venerdì 13 aprile 2007

Tentativi virtuosi

Ieri sono entrata in uno di quei posti che vendono cianfrusaglie a 1 euro. Cercavo certi barattolini per le spezie, per stoccare una decina di pregiatissime bustine variamente maleodoranti che mi hanno portato dall'etiopia. Ovviamente ne sono uscita senza barattolini, ma con un servizio da 8 di piatti olandesi. Proprio belli. Sono 17 anni che mangio negli stessi piatti bianchi da trattoria (quando ho messo su casa non esisteva l'Ikea), quindi il cambiamento è epocale, in questo turbinio frenetico di novità che è la mia vita.
Tutta contenta mi son detta: valà, ceniamo leggero e magari vegetale, che una volta tanto male non fa. Mi sono fatta una deliziosa zuppetta di zucchine con l'uovo e la maggiorana, e una insalata di carciofi e grana. Vino, due bicchieri scarsi. Pane, il minimo indispensabile. Dopo cena, un quadretto (uno) di fondente. Voglio dire, una cosa normale, soddisfacente, e proprio non mi pareva di essermi fatta mancare nulla. Per sicurezza, prima di andare a letto, ho zavorrato con una mela.
Vallo a dire al mio stomaco.
Mi sono trovata alle 5 del mattino in cucina con in mano un pezzo di pecorino e un avanzo di pane pietrificato, che il mio subconscio aveva localizzato non so come nella scatola del pane vecchio.

Messaggio ricevuto. Stamattina sono uscita di corsa per procurarmi delle costine di maiale.
Non c'è verso. Non c'è proprio verso.

martedì 10 aprile 2007

Vera primavera


A sorpresa due giorni in Liguria, su per balze, a mettere il naso tra gli odori degli orti. Mi ci voleva.
Tripudio dei sensi: il sole caldo ma che non scotta ancora, l'aria fresca che accarezza, i ciliegi fioriti. Zagare e glicini e gelsomini, e chi più ne ha più ne metta. I pitosfori pronti a esplodere e saturare le prossime notti di dolcezza. Senza di me, ahimè, ahimè.
Nell'orto di Villa Kef mangio dalla pianta i piselli dolci come caramelline. Nel giardino di altri amici le arance e i mandarini rimasti ancora sull'albero dalla passata stagione. Nei prati trovo gli asparagi selvatici e i germogli di rovo e la menta e la melissa. Nel tempo di una scarpinata furtiva in cima alla collina, rubo senza pentimento in un orto mal custodito, e porto a casa un mazzo di maggiorana, origano, timo, salvia e rosmarino. Finiranno a profumare il mio sale quotidiano. Quattro limoni veri me li regala la nostra padrona di casa. Ah, non avere un giardino, proprio io, che ingiustizia.
In città guardo in alto e vedo continuamente terrazze vuote, deserte di piante, desolate, in un angolo l'armadietto per le scope e la scala, il condizionatore e lo stendipanni. Distese di piastrelle spazzate. Terrazze possedute da sciagurati, terrazze che potrebbero - che dovrebbero, perdio! - essere fiorite, con un tavolino fuori per le cene d'estate. Ma come vive la gente? Ma siamo pazzi? Esproprio, quello ci vorrebbe!

Per voi, un bouquet di limoni un po' mostruoso, direttamente dalla pianta.

giovedì 5 aprile 2007

W il pandoro

Tra i dolci che proprio non mi piacciono, e dei quali sono convinta che l'umanità farebbe a meno senza problemi, c'è la colomba. Apprezzo i canditi dentro e le mandorle sopra, ma per quanto mi riguarda potrebbero benissimo essermi presentati in un piattino, senza l'inutile contorno di pasta spugnosa e stucchevole. Tra le colombe, massimamente detesto quelle fatte in casa, salvo che il padrone di casa sia un pasticcere professionista e di razza. Ma in questo caso, sono certa che sceglierebbe un altro dolce da portare in tavola.
Mentre il pandoro.... ah, il pandoro. Che sballo.
Non si potrebbe fare un decreto che il pandoro è il dolce delle feste, tutte quante? Anche il venticinque aprile, anche primomaggio, il duegiugno, l'assunzione, soave pandoro e non se ne parli più.
No, la festa della Mamma no, per quella ci vanno i baci Perugina.

mercoledì 4 aprile 2007

Mangiare semplice


Per le costolettine di agnello scottate sulla piastra, ormai questa è la mia salsa preferita: yogurt Total con parecchia harissa, limone, sale e menta secca sbriciolata. Se l'harissa è fatta in casa con i peperoncini freschi (come ormai mi sono abituata, e c'è poco da discutere: è un lavoro noioso, ma merita di esser fatto), una cena ideale per me, che in fondo sono una personcina di gusti semplici. Meglio ancora se le costolette sono state messe a marinare per qualche ora con il limone e harissa.
C'era anche il pagnottone a macchina tramortito ma ancora vivo, che ho rivalutato un po', suvvia.
La conversazione, invece, in queste sere è proprio carente: la gatta è in fase bisbetica, invece delle consuete chiacchiere garbate dopo cena mi tocca ascoltare le sue lagne, e quando ha finito gira la coda e se ne torna nei suoi appartamenti invernali ostentando un massiccio groppone bigio. Cosa avrò fatto che non va?

Sovrastato dalla gran luna calante, ieri sera il palazzo di fronte era una costellazione di cucine e sale da pranzo. Una visione di intimità domestica che mi conforta - da lontano e con l'illuminazione adatta sembra possibile immaginare che esistano le coppie felici, le famigliole serene riunite attorno al tavolo. Ognuno nel suo cubicolo, che staranno mangiando? E perché io ho di queste curiosità? Eppure ce le ho. Mi piace sapere cosa c'è in tavola dagli altri, credo che sia una forma di contatto. Forse una delle poche senza controindicazioni.

lunedì 2 aprile 2007

Robot

Ho ereditato dal trasloco di un amico una macchinetta di quelle che fanno il pane da sole. Lo impastano, lo lievitano, lo cuociono e tutto. Confesso che parto prevenuta nei confronti di essa, sarà per via dell'atroce nomignolo con cui la appella il vasto popolo dei fan: "magicamacchinetta". Argh.
Comunque, alla vista, l'oggetto sembra un incrocio tra un semicupio e una lavatrice giocattolo.
Ci ho messo dentro delle farine, acqua, olio e lievito e son rimasta a guardare dall'oblò superiore cosa succedeva dentro. Mah. Fa su tutto insieme in una palla sfilacciata, emettendo dei rumorini meccanici di palese fatica. Io non sono di quelle sacrificali, né la voglio remenare con la sacralità del pane etc, però devo dire che avevo come un senso di raccapriccio vedendo quel lavoro di uncino, e pensando a con che grazia, invece, le mani lavorano la farina e la sentono scaldarsi e diventare pasta liscia e viva.
Poi si ferma e comincia a scaldare. Adesso è là, come una povera gravida, a incubare il bolo che cresce pericolosamente.
Poi vi so dire.



Ecco.
Dopo una serie di imperscrutabili fischi e beep, questo è quanto.
Considerando che ho pietosamente messo il cubo un po' sotto il grill, perché il pallore era circa quello delle guance di un bimbo cresciuto all'ombra dei condomini padani.
Il sapore? Decentissimo. Ma non come spiegarlo: morto.
Insomma, mi sfugge un po' il senso della cosa. Sospetto anche di aver consumato quanto un boiler, per mezzo chilo di pagnottone. Se uno non ha tempo o voglia o capacità di farsi il pane da sé, scende e se lo compra, no?