martedì 1 maggio 2007

mangiare basic

Quando sono proprio giù, ma tanto giù, divento sommamente capricciosa in fatto di cena.
Ho fame, ma non voglia di cucinare. Ho fame, ma non voglia di pensarci. E non sono disposta ad accettare cibo solo per nutrirmi. Di cosa ho voglia?
Se il livello di scazzo è limitato alla noia e alla stanchezza, si va di cose esotiche, o esperimenti. Se la faccenda si configura come tristezza vera e propria, la voglia chiama verso i mangiari dell'infanzia.
Se la cosa si fa spessa, non resta che andare sempre più sugli alimenti di base. Più lo spirito sprofonda, più ho bisogno di cose semplici ed eccelse. Se fosse accessibile, vorrei la manna. La manna del Cielo, alimento e non cucina; alimento per nutrire e placare e consolare e soddisfare.
E' il caso di stasera. Oggi è il sesto anniversario della scomparsa del mio migliore amico. Ho lavorato tutto il giorno, mentre l'umanità intera stava col culo nell'erbetta a fare pic-nic (per inciso: adoro i pic-nic). L'ispezione del freezer non ha rivelato ispirazioni epocali.
Ma, grazie a un amico attento ed affettuoso, che sa del mio bisogno di riso come si deve, avevo in dispensa il Riso Gange, che alla manna somiglia parecchio.
Così, ho cenato con scaloppine limone e prezzemolo (categoria "cibi dell'infanzia"), e riso lessato (categoria "manna").
Ma non pensate al solito riso: questo è una cosa che quando lo scoli, senti un profumo che ti leva la voglia anche di condirlo. Va bene così, non ha bisogno di niente.

Stasera ho scoperto che 22 persone hanno letto i miei vaniloqui. Praticamente, una folla. Ma io voglio sapere cosa mangiate voi! Se no, che senso ha?

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma vale anche se ho posato il culo sull'erbetta? e se mi si vede ancora la riga del costume?
Comunque mentre sorseggiavamo vino di sambuco - mai provata sta bontà baltica? è una bibitona fatta mettendo a fermentare in un mastello fiori di sambuco, acqua, un po' di limone e di zucchero; si imbottiglia e tappa nelle bottiglie da champagne, perché buscia parecchio. è acidino e mi sta simpatico perché molto demodée - dell'anno scorso, mentre preparavamo quello nuovo, è scoppiato un temporalone e il picnic è bell'e che finito alle 4.

Stasera, siccome era freschetto, minestrone. Che per me è assolutamente comfort food (categoria infanzia). E una torta con radicchio e scamorza affumicata (fuori tema).

Mi piace la tua scissione di comfort food in infanzia e manna, credo che la userò in qualche ricerca. Prometto di citarti.

Ma quali altre manne ci sono, per te?
Per me le patatine nella bag sono un po' manna, ad esempio.

Lurkatori: palesatevi e raccontateci.

Anonimo ha detto...

Le categorie del cibo: un argomento affascinante e pericoloso, sul quale potrei dilungarmi ad abundantiam, aggiungendo un'ulteriore perniciosità a quella già intrinseca all'azione del categorizzare. Lascio volentieri ad altri il piacere dubbio - e quello sì, deleterio - di farlo con sentimenti e persone: filosofeggiare sul cibo e classificarlo in forme cognitive e assertive, è un'attività benefica e innocente.
Il tuo comfort-food, cara Esmeralda, è presocraticamente quadrinomio: come i quattro elementi, dai quali ha origine il mondo fisico. Io ne aggiungo un quinto, la pemptè ousìa, l'etere: quello del cibo preparato e servito da altri (anzi, da UN altro) esclusivamente per te. Un gesto diverso da quello dell'alma mater: un gesto intimo, pensato e voluto, scevro dal concetto di necessità della nutrice, pieno di cura e accoglienza.
Un gesto raro e di cui sento la mancanza, che trascende l'essenza di ciò che si mangia: il 'cos'è' non è importante. E'.

Esmé ha detto...

Il "cos'è", in questo caso, importa così poco che, per quanto mi riguarda, non è nemmeno necessario che sia preparato. Può assumere le fattezze di un gelatino confezionato per procacciarsi il quale l'Altro è uscito a caccia in una gelida notte di febbraio. O la mezza focaccia regalata dal compagno di banco.
Ma forse questa è categoria "Rituale"?

Anonimo ha detto...

Non è possibile! Ieri mattina mentre mi dicevo di andare a fissare il forno a micro onde, pensavo che devo trovare un nome per firmarmi. E zac mi è venuto in mente: manna. Ora tu dimmi? Devo riflettere, troppe coincidenze. Anche sul nome devo riflettere, a meno che non facciamo il gioco io lo penso e tu lo scrivi? P.S.Per me è il pane, pomodoro e olio il cibo che mi riconcilia con tutto.

LaStè ha detto...

Leggendovi mi sono tornate in mente le liste compilate dal protagonista di "Alta fedeltà", sarà che mi sono resa conto che il cibo è così centrale, oggi, per me.
Quindi hotlist sia!
Per la categoria infanzia sicuramente pollo "in tocio" con la polenta, toast al formaggio, panino con la mortadella, yogurt al lampone Yomo.
Poi...non so se sia manna ma è la cosa che desidero quando sono decisamente malata: la minestrina in brodo, soprattutto se fatta con il riso, il purè di patate (...sarà un caso se sono tutte cose che quasi non si masticano?)
Elemento fondamentale: qualunque cibo sia, per essere veramente comfort deve essere consumato sul divano, a tavola non vale.

Anonimo ha detto...

Che coincidenza: stasera mi son fatto un giusto piatto di risi e bisi, con i piselli freschi, il brodo fatto con i bacelli, che per me rientra nella categoria "infanzia".
Trovo ci siano molti piatti che fanno "casa" (i tedeschi direbbero Heimlichkeit): si va dal vovo frit (uova strapazzate col salalme più o meno fresco), ai radici e fasioi (si, sono un ragazzo di campagna..), ma anche pane e pomodoro (ci scambiavamo le merende a scuola, io e un bambino calabrese, lui pane e prosciutto, io pane e pomodoro, entrambi felici), ovetto alla coque per colazione. Mi fermo solo per non tediarvi.
Poi ci sono i piatti del cuore, legati a persone (il riso alla sbirraglia, e relativo pollo in umido che preparava mia nonna, somma cuoca dalle dieci-quindici pietanza assolutamente perfette), a vecchi riti (le trippe in brodo la mercato del mercoledì, il baccalà mantecato i giorni di magro, i bigoli in salsa alla vigilia..), a situazioni passate alla storia (e queste restano private per non privarmene).

Infine ci sono i piatti legati ai luoghi: panino e clinton nella scodella da CiaoBei, rosetta con la mortadella a coltello alla Trattoria alle Botti a Mestre, i panini di Zita a Padova, la porchetta di Ariccia, per cui andavo in fuga dalla scuola militare a Roma, e non saprei altro miglior motivo, le fraschette ad Albano, i Landjaeger a peso d'oro da studente per le serate "speciali", le cene con le minestre Campbell con la morosa dell'epoca dopo la serata "speciale"...

Esmé ha detto...

Comfort food. Quattro categorie, non due. Infanzia, Manna, Abitudine e Ricorrenze.
Manna: per me primariamente il riso, come ho detto. Il Riso (Basmati o Thai, di qualità perfetta, una delle poche cose sulle quali non transigo). Poi pane, olio e sale, l'uovo (alla coque o all'occhio di bue). E il latte vero, non pastorizzato.
Nella categoria Infanzia sarebbero molti: ma per il minestrone come me lo ricordo io, ci vuole l'orto, e poter buttare le verdure in pentola mezz'ora dopo averle colte. Poi ci sono la cotoletta alla milanese, le tagliatelle, risi e bisi, un certo sugo di pomodoro col soffritto misto, la pasta e fagioli, gli anolini in brodo, le frittelle di sambuco, la torta di pane... ne tralascio tanti di sicuro.
La categoria Ricorrenze è quella dei mangiari che si sono fatti nei momenti felici. Per me, parecchi stanno negli anni col Moroso. C'è la Zuppa forte (o Soffritto) napoletana, i cicoli, le tracchie, gli spaghetti con le vongole, le polpette di melanzane, la skordalià, la pasta con la buzzonaglia, e chi più ne ha più ne metta. (E' stato un fidanzamento breve, ma intenso). Poi ci sono il pane nero svedese col burro salato, che amava il mio papà. La fiorentina. I fiori di zucca fritti. E tante altre cose legate alla felicità.
Categoria Abitudine: quei mangiari acquisiti nella maturità, chissà da dove arrivano ma sono entrati nella quotidianità, che ti piacciono sempre, che non ci devi pensare, che sono diventati casa tua. Per me un certo pollo al curry, il tortino di riso iraniano, il Masticone, una padellata di pollo con le verdure, l'Hummus, la Caprese, anche qua tanti che non mi sovvengono... e le patatine in a bag, non scherzo: son diventate mie.

I lurkers lurkino: ma sapete una cosa? io sono nuova di questa faccenda dei blog, è davvero strano e spiazzante sapere che c'è chi ti legge e non si palesa. Non so come prenderla.

Esmé ha detto...

scusate, ho fatto casino e ho scombinato l'ordine dei commenti.
Pazienza.

Mi delizia sentir parlare dei vostri mangiari (e mi tornano in mente sempre più cose).

Una frase mi ha fatto riflettere: Fabio dice che tiene certe cose private, per non privarsene.
Questa è una questione che conosco bene, e uno dei motivi che mi trattenevano, mentre covavo l'idea di questo blog. Ma veramente quello che si racconta lo si perde?
A me sembra di no. Però, qualcosa di vero c'è.

Esmé ha detto...

Noyra, tre cose. Una: i tuoi mangiari per me sono esoticissimi e misteriosi. Pochissimi sapori ho riconosciuto, il resto mi evoca curiosità smodate. Il pensiero di quanto dell'Italia ho ancora da assaggiare costituisce motivazione valida per continuare a vivere.

Due: sono un po' preoccupata per la quantità d'aglio con cui allevi la creatura. Non vorrei che da grande lo trasudasse, e ciò gli causasse problemi con le femmine.

Tre: la fetta di colarda alla piastra, qualunque cosa sia, entra dritta nei cibi mitologici (Rif. thread "Blooming Onion"), insieme al Tocinillo de cielo.

LaStè ha detto...

Mi è venuto in mente un termine spagnolo che mi aveva colpito ma che avevo dimenticato fino a questo post: comfort food categoria infanzia, comida de mama.
E' l'italiano che non è espressivo oppure sono solo io a non conoscerlo?

Esmé ha detto...

Cara la mia LaStè, io l'italiano lo conosco un po', e anche lo spagnolo; ma che lingua è "Am para ad sugnar"? Eeeeh?

LaStè ha detto...

Mannaggia....ho lasciato tracce così evidenti?