venerdì 20 luglio 2007

Anatra furtiva



Ho rubato del mirto in un giardino. La maggior parte dei cittadini non ha idea di quello che coltiva come pianta ornamentale. L'ho rubato perché sapevo (inconsciamente) di avere in congelatore dei pezzi di anatra che giacevano abbandonati da tempo immemore.
Uack!

Un piatto rustico, semplicissimo e deliziosamente profumato.
Si lessa l'anatra con sedano, carota, cipolla e prezzemolo. Si fodera con abbondante mirto fresco una ciotola che mantenga il calore (l'ideale è la tajine). Quando è cotta si fa a pezzi l'anatra e la si mette tra le frasche, si ricopre con altro fogliame, si chiude con un coperchio e si lascia a riposare e a insaporire un paio d'ore.
Si serve poi tiepida, spolverata di sale grosso pestato e un filo d'olio extravergine, su fogli di pane carasau, decorando con qualche rametto di mirto.
Poi, volendo, uno può fare delle revisioni più eleganti, usando il petto d'anatra, presentandolo a fettine, aggiungendo magari del balsamico, insomma, fate voi che siete pratici di cose raffinate. Volendo, viene molto buono anche con la faraona.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Trovo sia un piatto molto ma molto raffinato. Ma il tocco di classe è il furto con destrezza. Per renderla ancora più furtiva occorrerebbe anche rubare l'anatra, magari direttamente dal pollarolo. Però questo implica la complicità di un impermeabile. Rimando tutto all'autunno. Anna

Esmé ha detto...

Accidenti se hai ragione!
Ma l'anatra, allora, mi darebbe più soddisfazione rubarla direettamente dal pollaio, più che dal pollarolo.
il problema non sarebbe tanto convincerla a seguirmi, quanto che poi mi affeziono...
Anyway: è vero. E' raffinatello, il piatto, nel suo piccolo.
Il problema, per quanto mi riguarda, è che l'anatra mi resta sempre duretta. Suggerimenti?

Anonimo ha detto...

Quanto al fatto che l'anatra fà la tosta penso sia il pregio suo. Lo stesso fanno i suoi cugini polli ruspanti. Ma è tutta una questione di arie che si danno per differenziarsi dai pennuti più proletari. Quanto ad affezionarsi...è proprio per quello che proponevo il pollarolo.
Anna

Anonimo ha detto...

Chef Simon a dit:
"Cuire le canard dans une cocotte en fonte posé cru sur une belle garniture aromatique (carotte, oignon et bouquet garni) taillée en paysanne sans ajouter de matière grasse puisque le canard va en perdre suffisamment pendant la cuisson.

Couvrir et compter environ entre 1.15 h et 1.30 h de cuisson à 170°C/180°C. Il s'agit d'une cuisson à l'étouffée. Je trouve que c'est la meilleure méthode de cuisson pour éviter d'obtenir un canard sec et insipide."

Su questa base assiomatica, mi permetto di dedurre una cottura alternativa: in a bag. Come per le patatine sylakkiane.
Questo per tentare di ovviare ad un'eventuale durezza che travalichi la precipuità.
Quanto al resto, sono emotivamente coinvolta: il mirto come giaciglio post cotturam, è un'usanza tipicamente sarda.
Invece della tajine, si usa sa xivedda

Esmé ha detto...

E infatti, sarda parevami l'origine di questa anatrona. Ma poiché arrivò a me tramite un vecchissimo ritaglio di non so più quale rivista, non ho mai saputo se fosse una ricetta sarda veramente, o solo di una ispirazione dovuta al mirto e al pane carasau.
La prossima volta dunque finirà in a bag, e vediamo un po' che accade.
In effetti, mi sovviene la famosa "Faraona a orologeria", ricetta di tradizione familiare post-Scala. Nel senso che la si prepara, si programma il forno a scoppio ritardato, ci si reca a teatro e lei intanto cuoce esattamente nel tempo di un concerto. A meno che non sia l'opera, e nella fattispecie il Don Giovanni; nel caso si va per le lunghe e si rischia di carbonizzarla e restare con un palmo di becco.

Merci bien a Chef Simon.

Esmé ha detto...

momento, un'altra cosa: la tajine è ovviamente una mia soluzione estemporanea, che ha funzionato bene.
Ora vado a informarmi su sa xivedda.

Anonimo ha detto...

si si sa scivedda (o xivedda ?)
è un recipiente di terracotta smaltato all'interno dove mia nonna impastava "sa fregula" e dove si metteva a riposare il maialino arrosto, in mezzo al mirto appunto! e ne aveva anche una per lavare i piatti..
non ho ricordi di anatre, ma ricetta sarda è!
attendoti al tuo ritorno con un piccolo piccolo cadeau
(per restare in loco: Mezus terra senza pane, que terra senza justitia: ti piace? l'adotterò come motto).

Esmé ha detto...

Quindi, si fa anche col porco. Molto bene! Provvederò.
Temo che il mirto in quel giardino durerà pochissimo.