domenica 10 ottobre 2010

Microclima per la felicità

Vivo ancora di rendita sulla memoria dei giorni ferraresi, ormai resi mitici dalla bruma del ricordo e avvolti dal fascino del desiderio proibito (sono ancora a dieta: ciò che ho ingurgitato in quei due giorni mi è costato dieci giorni extra di punizione). Scrivere oggi del mio primo, fulminante incontro con le tigelle - oggi che per cena mi toccano petto di pollo e broccoli -  è quindi una cosa di alto valore eroico, che spero apprezziate. Una prova del distacco dalle cose terrene che ci si guadagna con una alimentazione sana nella qualità e nella quantità, quindi del tutto priva di gioia e sensualità. Una ascesi che potrebbe anche favorire in me il germogliare tardivo di una parvenza di vita spirituale e magari persino della santità. Un giorno, chissà. Non oggi. Oggi sono tormentata da visioni di tigelle calde farcite con pancetta coppata all'aglio, lardo, squaquerone.
Sognate con me.
Sognate una cucina in cui da tutto il giorno pentole di ragù, patate, zucca e altre delizie sobbollono sul fuoco, saturando l'ambiente di vapori balsamici. Una atmosfera raccolta, in cui tre cuocastri avviluppati in grembiuloni uguali si affaccendano silenziosamente, in raccolta armonia. Una cucina dove benefici microorganismi albergano a causa delle regolari panificazioni. Fuori dal balcone (dove io credo di aver passato la maggior parte del tempi a fumare, ora che ci penso), un tramonto dolcemente autunnale, cosparso di vaghe nuvolette. Prosecco che scorre a fiumi. Una cucina, quindi, dove non manca nulla. 
Nemmeno la tigelliera.

Tigelle 
  • circa chilo di farina OO
  • circa 4 cucchiai di strutto
  • un cubetto di lievito di birra fresco
  • circa due cucchiaini di sale
  • un cucchiaino di zucchero (facoltativo)
  • acqua tiepidina q.b.
Accompagnamento: salumi preferiti e formaggi freschi
Sciogliere il lievito sul fondo di una ampia ciotola in poca acqua appena tiepida insieme allo zucchero. Aggiungere ancora acqua e poi la farina setacciata.  Cominciare ad impastare, aggiungendo il sale e acqua finché la massa sarà diventata soffice ed elastica. Mettere a lievitare spolverata di farina.
In teoria, dopo un paio d'ore o tre sarà raddoppiata. A quel punto spianarla con un matterello allo spessore di circa 1/2 cm, ricavarne dei dischetti con un coppapasta (della stessa misura della tigelliera, of course), rimettere a lievitare ancora un po' e cuocerli nella tigelliera precedentemente arroventata. Si servono calde farcite con i salumi. Questa la prassi abituale.

Ma noi, dopo tre ore, abbiamo improvvisamente deciso che invece si andava fuori a cena. 
E qua scatta il miglioramento. Vorrai mica buttar via il lavoro. Abbiamo ripreso la pasta, fatto un folding, e l'abbiamo sbattuta in frigo. Al nostro ritorno l'abbiamo controllata, e nonostante il freddo era talmente viva che strabordava dalla ciotola. L'abbiamo ripresa ancora, e rimessa a nanna sperando si calmasse.
La mattina dopo era ancora vivacissima, anzi proprio esuberante. Terzo round, e rimessa in frigo. Alla quarta ripresa, nel tardo pomeriggio, la pasta aveva raggiunto un livello di elasticità e tonicità favolosi. 
Io il pane lo faccio sempre, e una pasta così bella raramente mi è cresciuta tra le mani.  Mi ci sarei potuta fare un vestitino stretch. Ha prodotto delle tigelle perfette, morbide e profumate, che si aprivano in due da sole.
Ci ho pensato: secondo me, oltre al lungo tempo di lievitazione e ai folding (che già fanno la differenza), la presenza in cucina di microorganismi favorevoli, unita alla presenza pressoché continua di vapori caldi di pentole in ebollizione hanno creato un ambiente superfavorevole alla maturazione dell'impasto. 
E anche alla maturazione della felicità.



21 commenti:

LaStè ha detto...

Prosecco, vapori, muffe vegetali assortite: non saremo mai più in grado di replicare il microclima.
L'atmosfera invece potremo replicarla, presto e bene.
(la foto del tramonto va girata alla locale agenzia di promozione turistica, non credo ne abbiano una migliore).

Esmé ha detto...

cedo alla Pro Loco di Copparo ogni diritto sulla foto. Magari in cambio di una confezione di Pancosi.
Secondo me voi che non fumate vi perdete dei tramonti romanticissimi dal balcone di cucina.

lise.charmel ha detto...

cuochi felici producono tigelle felici

Reb ha detto...

Ferrara è una città buffa, sempre pensato (anche quando ci vivevo)...ma la tigella, va a nozze col pesto modenese! E qui scatta la voglia selvaggia, sigh.

Esmé ha detto...

Lise: mi sa che hai ragione. Potrebbe anche valere il contrario, però!

Reb: eh, il pesto modenese... (sospirone)

Duck ha detto...

Le tigelle, grande amore della Spia che in dote, anni e anni fa, portò, tra le sue varie masserizie, anche una tigelliera, con mio grande sconcerto: non ne avevo mai vista una e non sapevo nemmeno che cosa fossero le tigelle; poi ho imparato.
Cibo semplice e lussurioso oltre ogni dire.

LaStè ha detto...

ma apriamo una discussione su cosa possa stare dentro una tigella.
Che a me, quella cosa lì che ci si possa mettere dentro anche la Nutella mica mi convince....

Andrea Ferrigno ha detto...

Bella cosa la letteratura, io poi ho una soglia di incredulità praticamente inesistente. Mi sono immedesimato talmente che m'è risalito per l'esofago un fiotto di acido cloridrico.

Insomma, pare che sia il mio corpo, ultimamente, a dirmi cosa è buono e cosa no.

Non mi resta che cercare il piacere nella crosticina del petto di pollo alla piastra e nel broccolo appena profumato di olio di chiaramonte.

Se io mangiassi una tigella con la pancetta, starei malissimo e mi maledirei all'infinito. Tuttavia l'alternativa NON È l'astinenza, è un impasto di acqua lievito e farina, cotto sull'antiaderente e condito con rucola (tanta) e stracchino (poco). Leggero, antiriflusso, godurioso.



C'è da dire che se tu scrivessi un post su quant'è buono il petto di pollo, partirebbe lo sbadiglio. Da questo punto di vista il post su quant'è buona la tigella immaginaria è semplicemente GENIALE.
;)

Quindi cancella il mio intervento, è inutile e prolisso.

Esmé ha detto...

LaStè: ho la sensazione che quando si ha bisogno di Nutella, va bene anche la tigella. Ma andrebbe bene anche una crosta di pane vecchio, per quel bisogno lì.
Comunque la discussione è ufficialmente aperta.

Renzo: mi viene immediatamente voglia di scrivere un post su quanto è buono il petto di pollo.

Andrea Ferrigno ha detto...

Questo è un sottile distillato di ironia, hai ritrovato il tuo smalto, ragazza ;)

Anonimo ha detto...

Sexy la tigella.

Afro

cheyenne2007 ha detto...

ciao da Donatella, passo di qua via l'amica Duck e ho letto vari post con piacere. Essendo di origine emiliana non potevo non lasciarti un commento a questo flash alimentare di memorie padane. Ormai vado "su" (vivo vicino a Roma) raramente e pur essendo ormai vegetariana, astemia, biologica etc (me ne scuso in un blog dedicato tanto al cibo...) quando vado... una puntata di tigelle non me la toglie nessuno (il giorno dopo, una carota). I tortelli di zucca (ricetta modenese, senza amaretto) sono una delle poche cose che mi mancano dell'Emilia, e quando vado mi porto "giu'" una scorta di belle zucche per tutto l'inverno, con quel sapore speciale che hanno solo li'.
Condivido in toto il concetto che i gatti sono esseri superiori.
E per concludere, ovviamente non ti conosco e non so ne i tuoi legami ne' il tuo lavoro...ma leggendoti un po' vorrei condividere la sensazione che dovresti vivere in campagna, magari da Firenze in giu', in cui svegliarti al sole, con un pezzo di terra di cui godere, da cui mangiare, in cui zappare circondata da mici e fiori...e' un passo che ho fatto anni fa e pur con svariate difficolta' di percorso non me ne sono mai pentita...tornero' a trovarti, buon viaggio!

cheyenne2007 ha detto...

p.s. la protagonista del romanzo che ho pubblicato qualche tempo fa risale da un lungo periodo di insoddisfazione e mancanza di senso grazie a una scelta analoga...e non avrei potuto scrivere di cose che non conoscevo bene...
(http://www.uni-service.it/zumpalla.html)

Esmé ha detto...

cara Donatella, ci hai visto giusto. So da anni che il mio posto sarebbe altrove, in un altro modo di vivere che mi somigli di più. Non proprio in campagna - che ci faccio da sola in campagna? ho paura dei ragni! non guido la macchina! - ma certo in un paese più piccolo, dove poter avere una casa a forma di casa e il necessario: fiori, orto, gatti al sole.
Perché non vado? Ma vado dove? Non lo so. Mi manca un filo che mi tiri da qualche parte: una persona, un lavoro, una coincidenza, un'occasione, qualcosa di concreto su cui poggiare piani e non solo sogni.
Forse accadrà.

Spero che nonostante tu sia vegetariana, astemia e tutto il resto (argh), tu non ti trovi troppo a disagio in questo covo di crapuloni. Benvenuta.

Anonimo ha detto...

Tornato a casa alle 23.30 dopo un'orrida mangiata in mensa aziendale...
Poi mi imbatto in questo blog!
E mi torna alla mente al cuore alla bocca il sapore dei tortelli di zucca (scusate, son mantovano) di mia mamma.
Ah! Quanto bene vi voglio! Ora dove vado a farmi passare l'effetto madeleine?
Ehhhhh (sospiro)
Me ne andro' a dormire sognando la cucina della padrona di casa!
Bye
Nicola

Esmé ha detto...

il tortello colpisce ancora (e sempre).

LaStè ha detto...

mantovani nel mondo 4.
ferraresi adottati 1.

nene ha detto...

ma é geniale questa ricetta! wow!

Esmé ha detto...

Nene: non l'ho mica inventata io! Ma certo l'Artusi non la sapeva, e proseguendo nel vostro folle progetto rischiavate di perdervela :-)
Poi sappimi dire quando arrivate alla ricetta delle polpette, che se non ricordo male diceva: "se vi avanza un chilo di lesso..."
Mi ha sempre affascinato questa faccenda che un chilo di lesso, ai tempi, costituisse un avanzo Dà la misura delle famiglie in quel momento.
(per me, l'Artusi è per la maggior parte incucinabile. E da quello che ho visto del vostro blog, anche per voi: è tutta una sostituzione....ì non vale!) :-)

Anonimo ha detto...

Sono così triste, amareggiata, angosciata e sconfortata che non so a chi dirlo, non so come alleggerirmi il respiro, non so dove nascondermi...
Allora lo dico qui a te (che so che mi vuoi bene) ma in forma anonima, così non sei obbligata a consolarmi :-)
Ecco, sembra quasi che vada già un pochino meglio.
Una tua amica.

Esmé ha detto...

Mia Amica Anonima, io qua non posso fare altro che offrirti una tigella, e tutto il mio affetto. Magari se invece che farmi gli indovinelli (che tanto lo so benissimo che sei tu) mi telefonassi, potrei almeno cercare di farti ridere!